Joseph Gordon-Levitt, uno dei personaggi più interessanti del cinema indipendente che sa lavorare perfettamente anche all’interno del sistema hollywoodiano senza mai perdere il suo valore artistico, debutta nella regia con un film che gioca a trasfondere temi seri all’interno di una commedia divertente che pare non prendersi mai troppo sul serio.
Don Jon racconta di un ragazzo italo americano come tanti che riesce a fare convivere varie identità che lo portano ad essere serenamente in pace con se stesso. Tutte le domeniche in chiesa, il pranzo coi genitori e sorella ma poi serate brillanti in cui diviene uno sciupa femmine. Ama la sua auto fuoriserie, è geloso della pulizia del suo appartamento, è compagnone coi suoi amici di sempre ma preferisce la pornografia a tutto, compreso ad un rapporto sessuale vero. Le sue spiegazioni possono sembrare logiche, per lui la finzione spesso si ha più nel rapporto tra due persone che non su di un set di video a luci rosse. Quando incontra Barbara e se ne innamora, accetta di iscriversi ad una scuola serale, di rinunciare agli amici, di presentarla ai genitori ma non riesce a fare a meno del porno, ragione per cui lei lo lascia. Tuttavia l’amore vero, forse per la prima volta nella sua vita, lo trova con una quarantenne compagna di lavoro che ha perso per un incidente stradale marito e figlio, che gli dona se stessa ma che è anche in grado di farlo crescere. I temi sono trattati in maniera allegra e scherzosa, le scene di sesso si intravvedono per pochi fotogrammi ma il film, alla fine, riesce a far ragionare sulla società attuale in cui spesso la finzione è la protagonista, l’amore seppur fittizio è appagante e consumato senza mettersi in gioco, la coppia rischia di sfasciarsi perché è composta da due entità che difficilmente rinunciano alle proprie abitudini ed esigenze. Barbara è una Scarlett Johansson egoista che impone al suo ragazzo mille rinunce ma è anche una spettatrice drogata di film d’amore falsi come i porno. Quando si lasciano, lui tutto sommato è felice, ha ritrovato una vita che gli è più consona. L’incontro con una Julianne Moore piangente gli fa capire che esistono donne diverse, vere e disponibili anche sessualmente, ma che la vita ha trasformato in adulte. Questa contaminazione lo trasformerà e gli permetterà di affrontare la vita in maniera diversa. Joseph Gordon-Levitt scrive-dirige e interpreta una commedia sentimentale dal gusto di prodotto indipendente che si fa beffe delle convenzioni sclerotizzate delle produzioni hollywoodiane con happy end da contratto. Lui e Scarlett vanno a vederne uno insieme: i protagonisti sono Anne Hathaway e Channing Tatum che ci donano un cammeo ricco di grande ironia. La critica all’omologazione sessuale, basata sulla serialità e sul culto del proprio corpo c’è e il regista la propone con un tocco lieve e divertito, senza scivolare nel moralismo. Questo enfant prodige che a sei anni era già attore professionista ha saputo gestire la propria realtà artistica con le giuste scelte, sapendo staccarsi dal set per due anni per studiare letteratura francese, cosa che lo coinvolgeva emotivamente. E’ attore prediletto dei registi impegnati in progetti che difficilmente ottengono gratificazioni dal botteghino ma anche Robin in Il cavaliere oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises, 2012) di Christopher Nolan con cui aveva collaborato anche in Inception (Inception, 2010) recitando al fianco di Tom Hardy e Leonardo Di Caprio. L’anno prossimo uscirà Sin City - Una donna per cui uccidere (Sin City: A Dame to Kill For, 2014) diretto da Robert Rodriguez e Frank Miller di cui è protagonista, per il 2015 ha in progetto il suo secondo lungometraggio da regista: in venticinque anni di attività il trentaduenne californiano ha recitato in oltre trenta film e per la televisione è stato coinvolto in oltre trenta titoli stando attento a scegliere copioni che lo gratificassero o, quantomeno, non lo offendessero. Del resto l’impegno è nel suo DNA: suo padre è stato redattore per la stazione radio politicamente progressista KPFK-FM, sua madre, Jane Gordon figlia del regista Michael Gordon, si candidò alle elezioni per il Congresso in California durante gli anni settanta per il Peace and Freedom Party dove incontrò il futuro marito mentre lavorava come editor per la radio. La voglia di essere protagonisti anche nella vita sociale per lui è logica, ovvia, indispensabile.