Non è che si sentisse la necessità di un altro film su King Kong, ma questa mega produzione delle statunitensi Legendary e Warner da 185 milioni di dollari riesce a non fare innervosire troppo, con effetti visivi tutto sommato equilibrati e una struttura narrativa accettabile. Questo se non si guarda troppo per il sottile la ricostruzione fantasiosa degli anni settanta fatta su stereotipi a tratti ridicoli.
Il film riparte da dove si era fermato il neozelandese Peter Jackson col suo King Kong (2005) e ha il vantaggio, non da poco, di essere lungo solo un paio d’ore, poche a confronto delle oltre tre del film interpretato da Naomi Watts. Fa parte del colossale investimento fatto per creare alcuni titoli legati a personaggi molto amati dal pubblico. Rappresenta il secondo capitolo della serie MonsterVerse, iniziata con Godzilla (2014) di Gareth Edwards e che comprenderà altri due titoli, Godzilla: King of Monsters (2019) diretto da Michael Dougherty e Godzilla vs. Kong (2020) di cui ora poco si sa salvo che costerà più di 220 milioni di dollari. La storia è riveduta, ma è identificabile in quanto lo ha preceduto anche se New York non è tra le location. Il film prende avvio durante la Seconda Guerra Mondiale, quando un pilota americano e uno giapponese precipitano su un'isola nel sud del Pacifico. I due mentre si fronteggiano vengono sorpresi da una grande creatura. Nel 1973 un ex militare britannico viene scelto dal Governo per guidare una spedizione che ha il compito di classificare le caratteristiche della cosiddetta Isola del Teschio. Ingaggia eccezionali elicotteristi che erano stati tra i protagonisti della guerra in Vietnam. A loro si unisce anche un fotoreporter pacifista che vuole scoprire se la spedizione non sia una copertura di operazione militare. Giunti sull'Isola, cominciano a far brillare esplosivi per determinare la consistenza del terreno scoprendo che l'isola è cava. Gli elicotteri sono improvvisamente attaccati e distrutti da un gorilla di 30 metri. Più di questo non è lecito dire, perché lo sviluppo dell’idea base è fatto in maniera fantasiosa anche se non sempre convincente. Il risultato finale è un mix tutto sommato deludente, un prodotto che racchiude un’anima trash mal supportata da un super budget che permette al regista televisivo Jordan Vogt-Roberts – al cinema fino ad ora aveva diretto solo il flop The Kings of Summer (2013) mai giunto in Italia – di maltrattare un cast di validi attori quali Samuel L. Jackson, Brie Larson, Tom Hiddleston, John Goodman e John C. Reilly.
