Charlize Theron, di origini sudafricane con un passato d’indossatrice – suo il perfetto fondoschiena svelato dall’abito che si sfilaccia nella pubblicità della Martini (1993) – e ballerina, è una delle attrici più abili e dotate di una gamma espressiva particolarmente complessa di cui disponga il cinema americano. Già la sua interpretazione in Monster (2003) di Patty Jenkins (storia di una prostituta pluriomicida) aveva dimostrato come questa interprete fosse in grado di modificare il suo corpo, imbruttendolo e ingrassandolo, sino a trasformarlo in personaggio degradato.
Qualche cosa di simile avviene in Young Adult (definizione applicata ai prodotti culturali destinati a una fascia d’utenti fra i 14 e i 21 anni) che Jason Reitman, regista, e Diablo Cody, sceneggiatrice, hanno dedicato a una ghost writer, ex bellona di un liceo di provincia, trasferitasi nella capitale dello stato in cerca di fortuna e qui scivolata sulla china dell’alcolismo e della disperazione. Quando riceve la notizia che un suo ex ha avuto una figlia, progetta di ritornare a casa per strapparlo alla famiglia e costruire con lui un impossibile ritorno al passato. Due i pregi del film. Il primo è riconducibile all’interpretazione di quest’attrice che distrugge consapevolmente la sua avvenenza annegandola nell’alcool. Il secondo è nella descrizione di una provincia americana vista senza forzature e, proprio per questo, terribilmente triste e disperata. Regista e sceneggiatrice, qui alla seconda esperienza dopo Juno (2008), mostrano grande finezza nel disegnare, senza forzature, un quadro terribile. Un panorama in cui la sola via di fuga è l’annegare nell’alcool. Una situazione che non prevede personaggi positivi o esempi in cui identificarsi, ma solo figure sprofondate nella melma di esistenze prive di speranza.