Nel 2005 è in corso la campagna per la rielezione di George W. Bush (sconfiggerà di misura il candidato democratico Al Gore) e il network televisivo americano CBS manda in onde, nel corso della rubrica 60 minuti, un servizio che mette in discussione l'appartenenza del politico repubblicano alla Guardia Nazionale Aerea dal 1968, durante la guerra del Viet Nam. Questa scelta, ampiamente appoggiata da politici e militari vari d’indirizzo conservatore, salvò George W. Dal partecipare al massacro vietnamita.
La responsabile di quel servizio era Mary Mapes, una produttrice televisiva che aveva già realizzato molti scoop premiati da giurie giornalistiche, che ha dedicato alla vicenda un libro da cui James Vanderbilt, sceneggiatore qui alla sua prima regia, ha tratto Truth - Il prezzo della verità, un film che s’inserisce nel filone di esaltazione del giornalismo americano. Tuttavia, se il recente Il caso Spotlight di Thomas McCarthy celebra una vittoria, quest’ultimo film è la cronaca di una sconfitta. A causa dei dubbi suscitati sull’autenticità del documenti esibiti, il famosissimo anchorman Dan Rather fu escluso dal video e la responsabile del sevizio licenziata assieme a tutti i suoi collaboratori. Il film, che assume apertamente un’angolazione di parte, mette a fuoco le responsabilità dei dirigenti della rete che non difesero i propri giornalisti intimoriti dalla macchina da guerra messa in moto dal partito repubblicano a difesa del suo candidato. E’ un tipo di cinema fortemente politico – cronachistico che poggia sulla difesa dei diritti dei giornalisti alla ricerca della verità e di quelli del pubblico a conoscere il vero agire dei politici. In quest’ottica il film ha un andamento classico nel senso che drammatizza una serie di fatti che poggiano su comportamenti e accadimenti reali. Un buon testo e un bell’esempio della forza sociale del cinema americano.
