James Ivory è un autore che, semplicisticamente, è definito letterario e calligrafico. Letterario perché molti dei suoi film, quasi tutti gli ultimi, nascono da romanzi. A volta a volta ha attinto da testi di Junichiro Tanizaki, Diane Johnson, Henry James, Kazuo Ishiguro, Edward Morgan Forster, Evan S. Connell, Henry James, Ruth Prawer Jhabvala, Jean Rhys. Calligrafico perché il suo stile fa leva sulla precisione degli arredi, la raffinatezza delle scenografie, l’esattezza dei costumi, la forza figurativa delle inquadrature. Così è, almeno in parte, anche per Quella sera dorata, un film nato fra grandi difficoltà nel 2007, portato a termine solo due anni dopo e che oggi giunge sui nostri schermi. All’origine c’è il romando dello scrittore americano Peter Cameron (1959), The City of Your Final Destination (La città della nostra destinazione finale, 2002), uscito in Italia, edizioni Adelphi, con lo stesso titolo dato ora al film. In realtà quello originale, di libro e film, è assai più preciso di quello scelto da editore e distributore italiano.
La storia ha al centro un dottorando iraniano-canadese dell’Università del Colorado che, per ottenere la cattedra, deve portare a termine la biografia di un famoso scrittore, autore di un unico libro, figlio di ebrei rifugiatisi in Uruguay per sfuggire alle persecuzioni naziste, e morto suicida. I familiari ed esecutori testamentari - moglie, fratello, amante convivente con loro – negano l’autorizzazione. Ecco allora il giovane studioso, spinto dall’autoritaria fidanzata, prendere l’aereo e planare nella sperduta Ochos Rìos ove s’immerge, coperto dall’apparente decadente serenità di una grande villa di campagna, in un vero groviglio di vipere da cui riesce a uscire conquistandosi anche un nuovo amore e una diversa serenità. Il film ha solo in parte (colpa delle traversie produttive?) la perfezione formale cui questo cineasta ci aveva abituati e gli stessi personaggi appaiono assai meno precisi e intriganti rispetto a quelli che popolano alle opere passate di questo cineasta. Ne emerge un testo interessante, ma a tratti slabbrato, piacevole a vedersi, ma rapido da dimenticare.
