Il quarantanovenne Graziano Salvadori debutta nella regia cinematografica con un po’ d’incoscienza avendo scarsa esperienza in questo mondo magico e difficile in cui si è buttato a capofitto, scrivendo la sceneggiatura e riservandosi il ruolo di uno dei quattro protagonisti. Il tema trattato, il matrimonio gay e l’affidamento di figli, meritava di essere trattato con maggiore conoscenza ed evitando che il grottesco, il sapore della battuta da cabaret distrugga qualsiasi buona idea segnasse il soggetto. Sarebbe stato facile è la dimostrazione di come buoni artisti che raggiungono livelli di notorietà nel loro contesto, se inseriti in un mondo che non consono, diventano a dir poco pericolosi per se stessi e per il cinema in genere.
Dovrebbe già fare pensare male la vista di un trailer a dir poco dilettantistico in cui le scene estrapolate hanno una logica comprensibile solo dopo aver visto il film. Mancano nomi noti, anche se non sappiamo per quale ragione a vari siti, IMDB compreso, è stato fornito un cast che comprendeva Giorgio Panariello, Carlo Conti, Massimo Ceccherini e Luca Ward. Manca una sceneggiatura che renda accettabili le varie scenette che arrivano perfino a reiterate zuccate da parte di Salvadori contro vetri e altri oggetti. Forse con troppa faciloneria o un pizzico di malsano senso di superiorità il film lo si è realizzano tra amici, tra colleghi comici toscani che, non necessariamente, hanno sfondato nel cinema: non basta essere affiatati in spettacoli dal vivo, dove la regola è quella di carpire l’umore del pubblico, per riuscire ad ottenere gli stessi risultati con un film che dura circa cento minuti. Soprattutto Graziano Salvadori e Niki Giustini non riescono a rinunciare a siparietti inutili che portano a rendere tragicamente vacui i tentativi delle più in parte Katia Beni e Beatrice Maestrini, tese a creare una struttura narrativa accettabile. Due coppie omosessuali, una maschile e l’altra femminile, sono molto amiche e desidererebbero fosse loro affidato un bimbo. Mancando una legge che li aiuti, decidono di sposarsi tra di loro creando coppie fittizie. Così ottengono subito i bimbi, ma i rapporti tra i quattro cambiano tanto che due sposi hanno anche un figlio biologico. Ironia della sorte, nel 2041 lo stato approva i matrimoni tra gay che vengono equiparati a quelli fra eterosessuali e, quindi, da quel momento non servono escamotage per divenire genitori. Si raffronta con loro, tutto sommato felici, una coppia etero in cui lui è troppo impegnato nell’azienda di famiglia e pensa di potere risolvere tutto con la carta di credito: inutile dire che lei lo tradirà e ci sarà un finale tragicomico. Anche qui siamo di fronte a scenette una uguale all’altra in cui Alessandro Paci fa la figura del perfetto idiota che prende ordini dall’invisibile ma sempre presente madre. Meno visibile la moglie Cristina De Pin, decoroso l’autista tuttofare interpretato dall’attore di porno Franco Trentalance. Su tutti, l’unico che si salva è l’ottantatreenne Novello Novelli, diventato attore tardivamente e dopo avere fatto vari mestieri, che dona al suo personaggio di vecchio saggio uno spessore ed una credibilità notevoli. Da notare che la mamma che si vede all’inizio del film con il figlio è interpretata da un transessuale: questo per volere dimostrare che il film è impegnato. Il pubblico non ci crede ma i produttori sono riusciti a coinvolgere in questo progetto anche investitori istituzionali.
