Amiche da morire segna il debutto nel lungometraggio di Giorgia Farina, giovane regista di corti che in pochi anni si è conquistata una buona notorietà. Ambientato in isoletta siciliana ma realizzato in Puglia, racconta di tre donne dissimili tra di loro che per coprire un delitto e mettere le mani su di un milione di euro divengono…amiche. Claudia Gerini è una prostituta, Sabrina Impacciatore operaia in un tonnificio, Cristiana Capotondi mogliettina innamorata di un pescatore dalla doppia vita. Convinta di essere tradita, accompagnata dalle altre lo raggiunge nella grotta che funge da capanno da pesca mentre sta fuggendo coi soldi di alcune rapine.
La moglie lo uccide e le altre due diventano sue complici. Non per specifici meriti suoi ma per demeriti altrui, il film sembra essere più bello di quello che in realtà sia. In un panorama del cinema italiano in cui i Roberto Andò sono rarissimi, questa commedia semplice e senza pretese sembra essere quasi un piccolo cult. Eppure la sceneggiatura spesso è zoppicante, i personaggi collaterali sono meno di macchiette e a tratti il ritmo si riduce quasi a zero. Uno sporadico divertimento non manca con la descrizione di questa provincia siciliana vista in maniera più comica che nella sua realtà di costume: il noir, poi è più presente nelle intenzioni che non nella storia raccontata. Nonostante queste pecche è da apprezzare il lavoro della regista che almeno ha tentato di presentare qualcosa di meno convenzionale, con tre attrici brave e sicuramente in grado di donare del proprio ai personaggi loro assegnati. Claudia Gerini è la bella prostituta venuta dal continente amata e temuta dagli uomini perché conosce tutti i loro segreti: quando uno dei maggiorenti muore durante un incontro intimo lei cade in disgrazia, perde la casa e viene ospitata da Cristiana Capotondi mogliettina perfetta di pescatore che la coccola ma che la usa come facciata di perbenismo per potersi dedicare senza problemi a rapine alle banche assieme a vari complici. Sabrina Impacciatore lavora come operaia in una fabbrica di scatolame, ha un aspetto triste e viene considerata iettatrice più per le cattiverie create dalla madre che non per una sua vera dote di menagramo. Il film vero inizia quando involontariamente la sposina uccide il marito e le due donne, presenti al fatto, la aiutano a fare sparire il cadavere anche perché interessate al circa milione di euro del bottino lasciato dal morto. Feste patronali, un poliziotto del continente che vive come punizione il suo incarico sull’isola e che cerca consolazione con la prostituta, madri e comari che gestiscono nell’ombra la vita di tutti. In attesa di giudicarla in un secondo film, va comunque detto che è un film più che accettabile per chi dal cinema non cerca un’opera da ricordare e si accontenta di un prodotto che abbia nella freschezza il suo maggior pregio.