La commedia italiana ha dato vita a un genere che ebbe grande fortuna dalla seconda metà degli anni cinquanta agli anni settanta del secolo scorso. Un esito commerciale favorevole che si accompagnò, quantomeno in alcuni autori e in molti titoli, alla capacità di offrire un ritratto critico e lucido della società di quegli anni e dei germi che hanno generato quella di oggi.
Rivedendo film come Il sorpasso (1962) e I mostri (1963), entrambi di Dino Risi, si possono cogliere molti più elementi per capire le trasformazioni che stavano avvenendo nei tessuti sociali di quanti se ne possano ricavare leggendo molti saggi o analisi sociologiche. Non sorprende, quindi, che vari autori e produttori abbiano tentano di ricostruire quegli sguardi e quel successo. Tentativi quasi sempre destinati al fallimento in quanto poggiati su basi friabili, incomparabili con il clima politico, culturale e sociale dei nostri giorni. L’ultimo esperimento, dall’esito decisamente infelice, arriva dall’universo RAI in cui è nato Ogni maledetto Natale, affidato alla pattuglia di autori e sceneggiatori che, sul piccolo schermo, aveva dato buona prova con la serie Boris (2007 – 10). Il film, invece, esemplifica in modo quasi perfetto le differenze che intercorrono fra piccolo e grande schermo. Al cinema quest’opera in due episodi, interpretati dagli stessi attori che danno vita ad altrettante riunioni familiari la cena della sera di Natale e il pranzo di Santo Stefano, mostra ad ogni sequenza le tare che le derivano da una cronica mancanza di originalità e la debolezza di un cast capace, sul piccolo schermo, di qualche guizzo originale, ma del tutto inadeguato a reggere un film intero. Ciò che manca, e lo si sente pesantemente, è la capacità di creare situazioni e confezionare battute dietro le quali sia possibile intravvedere, magari con non poche striature d’amarezza, il profilo di un mondo vero e attuale. In altre parole un film senza spessore pensato più per la programmazione TV che non per un pubblico minimamente smaliziato.
