Bel debutto nel lungometraggio di Geremy Jasper, a venti anni frontman di una band di indie rock, The Fever, ma anche attore nel corto Glory at Sea (2008) diretto da Benh Zeitlin, considerato al Sundance un emergente e di cui in Italia è giunto il discreto Re della terra selvaggia (Beasts of the Southern Wild, 2012).
L’esperienza con questo autore, che ha richiesto l’inusuale impegno di oltre sei mesi di lavoro e di convivenza con il resto del cast, lo ha avvicinato al cinema anche se lui vedeva il proprio futuro più legato al mondo della musica. Nel tentativo di capire meglio quale poteva essere il suo domani, è stato anche allievo di Quentin Tarantino nel corso di sceneggiatura organizzato dal Sundance Film Festival. Questo sicuramente lo ha aiutato ad essere selezionato con la sua opera prima tenuto conto che, tra i selezionatori, c'era anche il sempre attento Chris Columbus. Classica vita di persona che sogna l’Arte ma che per sopravvivere fa i lavori tipici dello studente squattrinato quali il cameriere ed il barista, ora ha trovato il coraggio di fare il salto nel vuoto nel cinema professionale. Nonostante sia di sesso diverso dal suo e con caratteristiche fisiche molto dissimili, alto e magro contrapposto ad extra size di bassa statura, per lui Patti è un personaggio autobiografico che racconta molto dei suoi inizi artistici osteggiati in famiglia e difficili da vivere con tante delusioni e pochi momenti sereni. Trentenne eclettico e talentuoso, ha impiegato circa quattro anni per le creazioni che sono alla base di questa sua opera prima e ha ottenuto un ottimo riscontro al Sundance. Scritto, diretto, prodotto e con musiche da lui composte, Patti Cake$ si impone non per l’originalità della storia ma per la capacità di coinvolgere emotivamente in una vicenda umanamente drammatica vissuta all’interno di un mondo, quello dei rapper, di cui spesso si parla ma che risulta essere sconosciuto ai più. Locali ambiti per esibirsi possono essere anche i club di strip-tease o i bar di terzo livello in cui nessuno ascolta, non si è pagati e spesso si può essere derisi, soprattutto se ci si cimenta nel Dirty rap in cui si tende ad avere un dialogo offensivo sia col pubblico che con eventuali altri rapper con cui ci si cimenta. La protagonista fa la barista in bar frequentato da clienti anziani e quasi tutti abituali, ha soldi a sufficienza per supportare la madre, cantante di talento ma fallita nella vita, e pensare alla nonna che è ricoverata in una casa di riposo. Vivono in ristrettezze e rischiano sempre di non arrivare a fine mese. Lo sfondo è triste, ma i toni sono sempre ottimistici, nonostante le grandi delusioni che l’eroina over size deve affrontare. Un saranno famosi in cui non esiste pietismo, dove i toni della narrazione non sono mai melò e raramente drammatici, in cui contano molto di più i dialoghi e le immagini che non la musica, dosata con sapienza e bravura per evitare diventi indesiderato protagonista. Si respira il desiderio di emergere, l’incapacità di trovare la formula magica per ottenere successo, la paura di affrontare sé stessi. Pochi personaggi e tutti ben delineati, ottima la ricostruzione di ambienti ed emozioni anche se il regista dimostra di avere una profonda conoscenza sia del cinema indipendente sia di quello commerciale. Di quest’ultimo utilizza i meccanismi base, costruendo scene fin troppo buoniste per stemperare la tensione del racconto. Toni da commedia sicuramente piacevoli ma forse poco adatti per fornire spessore alle scene più determinanti per un’opera sempre interessante ma con alcuni momenti deboli.
