Difficile pensare ad un film tanto ‘vecchio’ come questo, dove Tolkien viene raccontato seguendo lo stile di un cinema superato da altro modo di fare biografie che riescono ad interessare, che sono cinema in cui si racconta una storia basata sulla vita di persone note per quanto hanno fatto. Solo per citare alcuni recenti titoli Steve Jobs (2015) di Danny Boyle, Stanlio e Ollio (Stan & Ollie, 2018) di Jon S. Baird, Nureyev (2018) di David e Jacqueline Morris ma anche Get on Up: La storia di James Brown (Get on Up, 2014) di Tate Taylor, erano riusciti a raccontare interessando, con prodotti in cui film e storia erano un tutt’uno. Il finlandese – ma di origine cipriota - Dome Karukoski ha invece confezionato un prodotto in cui probabilmente la parte storica potrà essere credibile (ma certe enfatizzate bevute di te in locale signorile degli amici e compagni di studio appaiono poco credibili per la carenza di denaro del protagonista) senza peraltro interessare: Tolkien era orfano di padre, la madre non si era risparmiata per dargli una vita più che decorosa, era morta dopo essere riuscita a fare prendere in casa il figlio da ricca benefattrice.
Dati sicuramente veri, ma raccontati con lo stile di un telefilm – forse meglio dire di una telenovela – che mai riesce ad interessare. Idea ‘geniale’ degli sceneggiatori è di alternare queste lunghissime scene con altre di pari sviluppo durante la prima guerra mondiale in cui il nostro malconcio eroe è alla ricerca tra le trincee di uno dei suoi amici: botti vari, fango, immagini virate al bianco e nero e tanta demagogia. Tutto questo sarebbe poco accettabile per qualsiasi tipo di personaggio, ma se si pensa che è improntato sulla figura di uno scrittore che coi suoi libri ha cambiato molte cose nel mondo del cinema attuale, il disagio diviene ancora maggiore: non riuscire a trarre un film interessante dalla sua vita, beh, è quasi criminale. La storia di amicizia e poi d’amore con ragazzina ospitata nella stessa benefica casa è quanto di più banale si possa immaginare. L’impegno degli interpreti (anche se il protagonista Nicholas Hoult non ha carisma), la buona ambientazione e una regia professionale permettono al film di potere essere giudicato quasi sufficiente. Orfano sopravvissuto alla Prima guerra mondiale, lo vediamo negli anni della sua giovinezza: gli studi, il primo amore (cge diverrà l’unico), l'ispirazione artistica trovata in un gruppo di compagni emarginati a scuola che trovano coraggio l'uno nell'altro. Questo forte legame di amicizia si rafforza negli anni creando una compagnia fedele, come quella dell'anello che solo lo scoppio del primo conflitto mondiale rischierà di distruggere