Animal Kingdom segna l’esordio dell’australiano David Michôd, un ex giornalista di cronaca nera che si addentra, con occhio disincantato, nel mondo della malavita di Victoria. L’apertura è folgorante: il giovane Josh Young è seduto sul divano accanto a sua madre, a guardare la televisione. Poco dopo arriva un gruppo di paramedici e scopriamo che la donna è morta di overdose. In tutto questo tempo il ragazzo non ha smesso di guardare le immagini di uno dei tanti programmi d’indovinelli trasmessi sul piccolo schermo.
Rimasto orfano, del padre non si parla mai, va a vivere con la monna, una specie di matrona nevrotica i cui figli hanno formato una banda di rapinatori di banche e spacciatori, in perenne conflitto con una polizia che non esita a usare modi spicci per eliminarli. E’ una guerra che non ammette prigionieri e in cui tutte le efferatezze sono permesse. Lentamente il giovane precipita in questo inferno, sino a sfiorare la delazione. Sarà l’uccisione, da parte del fratello, della ragazza che ha incontrato in quella feroce famiglia e della quale si è innamorato, a spingerlo alla vendetta e, in partica, a mettersi al livello di questo regno animale. Il film ha vinto numerosi premi, fra cui uno dei maggiori del Sundance Film Festival, è pervaso da una straordinaria lucidità nella descrizione di un mondo in cui non ci sono buoni o cattivi, ma solo animali pronti a uccidere per sopravvivere o per il proprio benessere. E’ una prova di maturità registica davvero fuori dal comune e un film destinato a rimanere a lungo nella mente.