Il tema dell’ex-pistolero, delinquente, killer, bandito portatore di varie specialità nell’ammazzare il prossimo che, dopo aver deposto i ferri del mestiere, s’imbatte in un qualche evento che lo spinge a ritornare alla vecchia professione, è vecchio quanto il cinema.
Ha attraversato western, noir, psicodrammi, è stato al centro di film importanti e di opere di mezza tacca. Ritorna ora in John Wick diretto da due organizzatori di cascatori, Chad Stahelski e David Leitch. La storia raccontata è banale: un ex – assassino a pagamento, che ha lasciato la professione per sposarsi, è in crisi dopo la morte improvvisa della moglie che gli ha lasciato un cucciolo come ricordo. Quando l’animale è ucciso da alcuni balordi, capeggiati dal figlio di un mafioso russo, che si sono introdotti in casa sua per rubargli la preziosa auto che lui cura in maniera maniacale, una Mustang del 1969, l’uomo tira fuori le armi che aveva nascosto (reminiscenza – citazione di vari western) e scatena un massacro. Il film è giustificato solo da questa collana di uccisioni che avvengono ii modi, in qualche caso, singolari e con ritmi quasi da coreografia di danza (omaggio – ricordo ai film di malavita orientale). Il tutto sino al duello finale con il cattivo di turno: il padre del ragazzino che ha ammazzato l’animale e rubato la macchina. E’ un film d’azione il cui interesse si esaurisce in una confezione roboante tutta sparatorie e botte, delineando personaggi rozzi, appena appena abbozzati e senza chiedere il minimo impegno a qualcuno dei pur bravi attori (in particolare Willem Dafoe e John Leguizamo) che compaiono nei cast.