Daniele Lucchetti e il produttore Pietro Valsecchi si sono impegnati in un’operazione piena di rischi da cui escono in modo più che dignitoso. La sfida di Chiamatemi Francesco - Il Papa della gente era di raccontare la giovinezza di Jorge Mario Bergoglio nel pieno della dittatura (1976 e il 1981) del generale Jorge Rafael Videla Redondo (1925 – 2013).
Sin dalla chiamata del religioso al Soglio Pontificio sono esplose le critiche a carico del nuovo Papa accusato di aver taciuto sugli orrori di quel periodo e di aver sostanzialmente nascosto, assieme a quasi tutto il clero argentino, gli orrori, le torture, le uccisioni sommarie perpetrate dai militari. All’epoca la risposta della Chiesa è stata, nella sostanza, che erano più pericolose le idee veicolate dalla cosiddetta teologia della liberazione che non le violazioni dei diritti umani commesse dai golpisti. Da questa impostazione è derivato un comportamento non privo di ambiguità di cui il futuro papa, all’epoca superiore dei gesuiti, fu vittima e, in parte, complice. Il regista tende a esaltare la azioni del religioso in favore dei torturati, ma non ne nasconde il comportamento in parte timido. Un’impostazione da cui nasce un film che disegna un ritratto realistico di Francesco tentando di immergerne il comportamento nel vivo di una situazione terribile in cui non esistevano più diritti o pietà umana. In altre parole una biografia, romanzata quanto basta, e non eccessivamente agiografica, Questo non è poco per un’opera volta all’esaltazione di un personaggio ancora vivente, i cui meriti, forse, sono più rilevanti da quando è approdato alla massima carica della chiesa rispetto a quelli marcati in passato.