Luca Medici in arte Checco Zalone, piaccia o no, è oggi, considerato anche per il successo di botteghino, uno degli esponenti di punta della nuova comicità italiana, perfettibile, discutibile, non paragonabile e assai lontana da quella dei grandi maestri, Monicelli, Sordi, Salce, Wertmuller, per citare i più noti, ma non liquidabile e ascrivibile a fenomeno passeggero.
In Tolo Tolo, questo attore e regista riesce a fare un piccolo salto di qualità, grazie alla sceneggiatura che risente, in seppur minima parte, della scrittura di Paolo Virzì il quale ha conferito maggiore solidità e azione alla storia. Ovviamente si continua a ridere ma in modo meno sguaiato anche se non mancano le battute a basso costo a cui Checco Zalone ci ha abituati, pescate nella melma culturale, sociale e politica dell’Italia di oggi. Nel film il protagonista è un disoccupato, diverso da quello conosciuto nelle precedenti prove attorali, che rifiuta il reddito di cittadinanza per gettarsi in una piccola avventura imprenditoriale che tuttavia fallisce miseramente nel giro di poco tempo. Inseguito dai creditori e dal fisco decide di far perdere le tracce fuggendo in Africa, dove si improvvisa cameriere per un resort esclusivo. Lì incontra Oumar, anch’egli cameriere ma con il sogno di diventare regista e la passione per quell'Italia conosciuta attraverso il cinema di Pasolini. Improvvisamente in Africa scoppia la guerra e i due sono costretti a emigrare. A loro si uniranno la bella Idjaba e il piccolo Doudou. Nonostante un inizio difficile, dovuto alla naturale diffidenza tra i protagonisti - troppo diversi tra loro, per cultura, stili di vita e mentalità - con l’andare del viaggio, le difficoltà da superare e il venir meno di molti luoghi comuni, nascerà fra i protagonisti un profondo sentimento di comunione. È questa, in fondo, la novità del film, che non si limita più ad offrire al suo protagonista l’occasione per una risata e basta, ma lo costringe a misurarsi con qualcosa di più profondo.