Johnny Depp interpreta per la seconda volta Hunter Stockton Thompson (1937 – 2005), uno scrittore e giornalista americano inventore di uno stile unico che vede i fatti mescolati con sensazioni e impressioni personali. Lo aveva già evocato in Paura e delirio a Las Vegas (Fear and Loathing in Las Vegas, 1998) diretto da Terry Gilliam e ispirato al romanzo Paura e disgusto a Las Vegas (1971). Ritorna sul personaggio con The Rum Diary - Cronache di una passione tratto dal libro Cronache del rum (The Rum Diary, 1998).
Siamo negli anni sessanta, a Portorico, e il libro, che ha una forte componente autobiografica, racconta di un giornalista americano che arriva nell’isola caraibica per lavorare in un giornale moribondo. Qui incontra vari relitti umani – un direttore incapace e disonesto ossessionato dal parrucchino, un fotografo alcolizzato, un redattore fanatico dei discorsi di Hitler – ma, soprattutto, una bellissima ragazza, fidanzata di un lestofante che sta tramando, con altri americani e alcuni locali, per costruire un enorme albergo su una paradisiaca isola deserta. E’ l’impatto violento dei migliori ideali americani con la volgarità della speculazione, l’anticomunismo più becero, il triviale affarismo. Un’esperienza bruciante che fortifica la sua decisione di diventare un reporter d’indagine, un giornalista disposto a denunciare torti e misfatti indipendentemente del prezzo da pagare. E’ significativo che un tema di questo tipo sia stato riesumato da un attore di successo, che ha anche cofinanziato il film, e da un regista inglese che ha dipinto un quadro a tinte fosche dell’impatto del sogno americano con la realtà. Anche se il finale volge sull’ottimistico (il giornalista diventerà una delle penne più integre e temute della stampa USA) il ritratto della decadenza e della miseria coloniale statunitense nello stesso cortile di casa approda a tratti inquietanti e terribili.