Forza maggiore (Force Majeure) dello svedese Ruben Östluld ha ricevuto un lunghissimo applauso dal pubblico della sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2014 e ottenuto il premio della giuria di questa sezione, riconoscimento meritato per un bel film in cui si percorrono i quattro giorni di vacanza di una coppia benestante che soggiorna in un lussuoso residence sulle alpi francesi. Un incidente quasi banale – una valanga provocata da esplosioni controllate che sfiora la terrazza su cui i quattro stanno mangiando – mette in crisi l’apparente solidità del nucleo familiare.
Il marito, infatti, invece di preoccuparsi per moglie e figli, ha pensato solo a mettersi in salvo, abbandonando gli altri. Un gesto automatico che svela l’egoismo dell’uomo e che la moglie non riesce a perdonare. Le cose (forse) si aggiusteranno solo dopo una lunga serie di conflitti che porteranno il maschio a prendere atto della sua fragilità ed egoismo. Si direbbe, se non abbondassero le situazioni ironiche, un film alla Ingmar Bergman (1918 – 2007), soprattutto una di quelle spietate radiografie familiari che questo regista ha realizzato a fine carriera. La narrazione procede lineare con gli struggenti paesaggi alpini che fanno da contraltare a un travaglio psicologico celato sotto un rigido perbenismo. Laddove dominava una felicità predeterminata ora c’è la luce impietosa sulla fragilità umana, in questo il film svolge un ruolo di analisi importante del torvo che si agita sotto il ferreo manto della rispettabilità borghese. Un film preciso nella descrizione delle psicologie e abile nello sverlare ciò che si cela sotto l’apparente ordinarietà della vita di tutti i giorni.