Noah Baumbach (1969) viene da una famiglia newyorchese in cui il cinema si respirava come l’aria, visto che i suoi genitori (Georgia Brown e Jonathan Baumbach) era entrambi critici cinematografici. Lui ha esordito a soli ventisei anni con Scalciando e strillando (Kicking and Screaming, 1995), per poi firmare una dozzina di titoli fra cui l’interessante Il matrimonio di mia sorella (Margot at the Wedding, 2007).
Giovani si diventa, buon titolo italiano forse migliore dell’originale Mentre siamo giovani, conferma le capacità di questo cineasta nel disegnare situazioni psicologiche non banali. Josh è un regista di documentari che insegue da dieci anni la realizzazione del film perfetto e ora deve fare i conti con un profondo blocco creativo. Sua moglie Cornelia è la produttrice dei film del padre, un celebrato maestro di questo genere cinematografico. L’armonia della coppia, che non ha figli e ha attraversato il dramma di un doppio aborto, piomba in una crisi, apparentemente gioiosa, quando i due fanno conoscenza con Jamie e Darby, anche lui regista di documentari. Il confronto fra le due età, i primi viaggiano sopra la quarantina, i secondi non sono ancora arrivati ai trent’anni, è rappresentato dal regista con perizia e acutezza, soprattutto nel punto in cui il cineasta più anziano scambia – ma sino a un certo punto – l’attivismo e la spregiudicatezza del collega per tradimento del sacro principio di verità che dovrebbe guidare chiunque lavori in questo campo. Il conflitto si risolve in un bagno di realismo a cui non è estraneo l’anziano padre della donna. L’arrivo di un figlio – ingrediente decisamente fasullo – rimette le cose a posto e spiana il cammino sia ai vecchi sia ai più giovani. Il film potrebbe essere incasellato nella classica commedia americana se non se ne elevasse per precisione delle analisi psicologiche e acutezza nella descrizione di un mondo perennemente in bilico fra euforia e depressione.