Non è un pese per giovani di Giovanni Veronesi è un film abbastanza anomalo nel panorama del cinema italiano. Diverso in quanto mette da parte, meglio sfiora appena i temi della classica commedia di cui abbondano i programmi delle nostre sale e cerca un approccio più meditato e, se si può dire, poetico.
Intanto muove da un vero e proprio dramma: quello delle migliaia di giovani costretti ad emigrare per cercare un lavoro. Qui sono due camerieri romani obbligati a tentare la fortuna in terra cubana. Arrivano a La Havana con il miraggio di sfruttare la fame di collegamenti Wi-Fi che segna il mondo isolano dopo la fine dell'embargo e le timide apertura agli oggetti tipici del benessere capitalista concesse da Raul Castro. Rapidamente si rendono conto, anche grazie a una giovane cubana rimasta seminferma dopo un grave incidente, che non è tutto oro quello che luccica e che la strada per inserirsi nel business agognato è in salita. Finiranno per fare i camerieri in un ristorantino aperto su una spiaggia da sogno aiutati dal padre di uno dei due che a sua volta ha lascito Roma oppresso dai pessimi bilanci di un’edicola di giornali che aveva già tentato di trasformare in negozio di versure e affini. Il film è attraversato da una velo di malinconia che lo distingue nettamente dal cinema ridanciano che va di moda e tenta una riflessione sulle difficoltà dei giovani in cerca di lavoro e sui miti del turismo politico – sessuale di cui si nutrono non pochi paesi caraibici. E’ solo un tentativo, in quanto quasi subito la regia vira verso il colore e le frasi fatte, ma è anche una scelta apprezzabile in un panorama cinematografico che fa degli sberleffi, le parolacce e i nudi femminili l’asse del suo agire.