Abbas Kiarostami (1940) è, con Mohsen Makhmalbaf (1957), fra i fondatori di quello che è stato etichettato come nuovo cinema iraniano. Un frutto succoso, nato fra i rovi dell’incipiente censura dei clerici di regine e definitivamente soffocato dai rigurgiti clericali degli ultimi tempi. Quasi tutti gli autori che si erano alimentati da quei pochi anni di entusiasmo sono oggi ridotti chi al silenzio, chi all’esilio, chi imprigionato o gravato da pesanti condanne. Il nostro ha avuto la ventura di poter sfruttare la forte fama internazionale e i molti premi che hanno coronato i suoi film, per trovare lavoro all’estero.
Nel 2010 ha girato in Italia Copia conforme, ora appare sugli schermi Qualcuno da amare coproduzione franco – giapponese interamente ambientata a Tokyo. Una studentessa che non disdegna prostituirsi per sopravvivere, è contesa da un vecchio professore universitario e un focoso fidanzato, titolare di una piccola autofficina. Il prosseneta che gestisce la donna la spedisce nel letto dell’anziano, gentile ex - docente che le ha preparato una bella cenetta, ma lei è così stanca che si addormenta poco dopo aver messo piede nella casa. Il giorno dopo l’anziano l'accompagna a un esame e incontra il fidanzato, che lo scambia per il nonno dell’amata. L’equivoco dura poco e il focoso ragazzotto prima picchia la giovane, poi cinge letteralmente d’assedio l’appartamento del professore. Il film si ferma a questo punto fra urla, finestre sfondate, e bussare furioso alla porta. E’ il melanconico ritratto dell’infatuazione di un uomo anziano, colto e solo. Un sentimento che si scontra con l’impeto – feroce e iracondo – della giovinezza. Il film si distingue per uno degli stilemi cari a questo regista: le lunghe sequenze girate con i personaggi che viaggiano o sostano in un’auto. E’ una storia d’amore condotta con abilità e mano sicura, ma cui mancano passione e cuore. Quelle che il regista ha lasciato a Teheran, forse per sempre.