Omicidio al Cairo (The Nile Hilton Incident) è una coproduzione del 2016 fra Svezia, Germania e Danimarca firmata da Tarik Saleh. Vi si racconta, sotto la formula del noir, l’investigazione condotta dal maggiore, poi colonnello, Naredin sulla morte di una bella cantante trovata sgozzata in una stanza dell’Hotel Hilton, al Cairo.
L’indagine condurrà alla scoperta dell’assassino, nei panni di un alto funzionario dei servizi segreti che aveva ricevuto l’incarico di eliminare la donna diventata scomoda per il regime dopo che un parlamentare e grande costruttore immobiliare si era innamorato di lei. Lo scenario è quello dei giorni che precedono la caduta del dittatore Iosli Mubarak e nel film sono presenti complicità e fermenti che segarono quei giorni di speranza e, poi, di delusione con la salita al potere di un altro dittatore, il generale Al Sissi. È un film realistico in molti particolari, anche se girato in Marocco, a Casablanca. Vi primeggia la figura del poliziotto tracciata in maniera verista: non è un eroe senza macchia né colpe, deruba sfacciatamente gli arrestati, assiste indifferente alle torture dei fermati, fuma spinelli a tutt’andare. Un agente in carne e ossa che, tuttavia, segue una sua morale, non si piega alle decisioni dei potenti, accetta la promozione, ma non smette per questo di indagare. Sarà proprio lui ad essere travolto dalla protesta popolare, mentre i suoi capi, in prima luogo uno zio che comanda la stazione di polizia in cui lui lavora, troveranno modo di riciclarsi alla luce del nuovo potere. È un film dal taglio classico e dalla struttura professionalmente precisa, forse non innova nulla nel campo del linguaggio, ma apre una finestra abbastanza significativa su fatti di cui sappiamo poco.