Thelma è il quarto film del norvegese Joachim Trier che lo ha girato in patria dopo la parentesi americana che lo ha visto autore di Segreti di famiglia (Louder Than Bombs, 2015) con cui ha partecipato, in concorso, al Festival di Cannes.
In quest’ultimo lavoro ritroviamo l’attenzione del regista sia per i problemi di famiglia, sia per gli elementi di mistero. Thelma viene da una famiglia di stretta osservanza cattolica che considera peccato anche le più innocenti pulsioni umane. Figuriamoci il turbamento che l’assale quando si accorge - lentamente, ma inesorabilmente – di amare un’altra donna incontrata all’università ove frequenta il corso di biologia. Non meno traumatica è la scoperta del potere che ha di far accadere le cose che pensa. Così si convince che, quando era ancora bambina ha causato la morte del fratellino che le sottraeva l’affetto dei genitori. Ora utilizza questo potere sia per evadere dalla prigione casalinga in cui il padre l’ha rinchiusa, sia per causare (o segnare?) la morte del genitore che annega in un lago dopo che il suo corpo s’infiamma a contatto con l’aria. In questo c’è una sorta di vendetta dei sentimenti e della natura nei confronti ci chi ha negati i primi e umiliato la seconda. Fatto sta, che l’ultima immagine ci mostra le due donne che procedono felici in mezzo agli altri studenti. È un film complesso di cui non è facile afferrare il bandolo e che oscilla fra il thriller e la storia fantastica, La parte che più interessa e, occorre dirlo, la meno sviluppata è quella relativa ai rapporti fra il fanatismo religioso e l’oppressione sessuale. Un campo di grande interesse su cui i registi nordici si sono spesso esercitati e che qui appare quasi appena accennato. Molto positivi invece gli apporti dell’interpretazione con Eili Harboe che, a 23 anni, dimostra un controllo davvero magistrale e di una fotografia che spesso sopravanza in espressività quanto proposto dalla regia.
