Ferzan Ozpetek ha tratto Rosso Istanbul, prendendosi alcune libertà, dal suo libro edito nel 2013 da Mondadori. Tutto ruota attorno alla figure di Orhan Sahin, uno scrittore diventato famoso dopo la pubblicazione di una raccolta di fiabe anatoliche rielaborate in termini moderni. Questo è avvenuto molti anni or sono e l’autore da vent’anni vive in autoesilio a Londra dopo aver abbandonato la megalopoli turca in seguito alla morte del figlio che lui e la moglie, ubriachi fradici, hanno lasciato nell’auto per molte ore.
Ora ritorna in Turchia con il compito di fare da editor a un celebre regista, Deniz Soysal, che ha scritto un volume denso di ricordi d'infanzia, amori, storie di amici e parenti. Dopo un fugace contatto iniziale, il cineasta scompare: forse si è suicidato, forse è morto precipitando ubriaco nel Bosforo. Sahin sarà costretto dai parenti dello scomparso e dalla polizia a prolungare il soggiorno nella grande città, traendone l’occasione per indagare sul passato dello scomparso sui rapporti con amici e parenti e sulla relazione omosessuale che il cineasta aveva con un aitante fornitore di stupefacenti. Tutto questo farà rinascere in lui la voglia di scrivere e lo costringerà a superare il trauma che si porta dentro. Ferzan Ozpetek abbandona le tematiche che segnano la sua filmografia, anche se sono presenti accenni all’omosessualità, per un film in cui la bellezza della fotografia e la letterarietà dei dialoghi la fanno da padroni. Ne nasce un’opera stilisticamente raffinata, ma sostanzialmente priva di anima, un film in cui l’aspetto formale fa premio su quello emozionale. La Istanbul che ci presenta è più una scenografia convenzionale che non la città multiforme e ricca di contraddizioni che conosciamo. Lo scarto di maggior peso riguarda la situazione politica, anche se non va trascurato il fatto che il film è stato girato prima del recente tentativo di colpo di stato e il conseguente furore repressivo. Poiché accadimenti di questa portata non esplodono all’improvviso, ma nascono da inquietudini che covano da anni, stupisce che il regista non ce ne dia testimonianza in misura almeno parziale. Come dire un film professionalmente perfetto, ma privo di quel sangue che in passato ci ha fatto amare quest’autore.
&t=23s