Con tutte le esperienze fatte in precedenza, Luca Barbareschi arriva a questa regia pronto per lasciare un segno anche se Something Good dimostra ben presto di essere sicuramente bene realizzato ma privo di autentico interesse. Temi importanti, situazioni possibili, tanti luoghi comuni per raccontare una doppia vicenda che difficilmente riesce ad emozionare.
E’ un thriller sulle sofisticazioni alimentari diretto, co-sceneggiato, prodotto e interpretato dall’eclettico attore e regista che forse ha troppo amato questo suo parto per riuscire ad avere quel minimo distacco indispensabile per vederne i difetti e per capire dove e quando sbagliava. Ottime le immagini di Arnaldo Catinari, coinvolgente la musica di Marco Zurzolo ma la sceneggiatura, spesso, non convince. Intendiamoci, meglio un film di genere che non tentare la strada della sperimentazione non avendone le capacità, ma alla fine il massimo che si può dire è che ha creato un film carino. Un uomo di mezza età lavora in una multinazionale di Hong Kong che tra l’altro contrabbanda alimenti adulterati. Gli viene promessa la carica di amministratore delegato ma incontra una giovane donna che gestisce un piccolo ristorante e che ha avuto gravi problemi a causa di quel cibo. Quasi due ore in cui si vede un taglio registico molto hollywoodiano, ma dove la love story, la caratterizzazione del cattivo e dei suoi capi, la drammatica vita della donna non riescono mai ad essere veri protagonisti di un testo pieno di buone intenzioni, pensato per il mercato internazionale ma, purtroppo, difficilmente credibile. La cosa peggiore è il Barbareschi attore che mai riesce a dare un minimo di spessore al suo personaggio: un vero peccato ma, purtroppo, è lui il perno di tutta la vicenda.