Il tema della prostituzione, maschile e femminile, è fra i molti interdetti che pesano sul cinema arabo. Much Loved del marocchino Nabil Ayouch va apprezzato, prima di ogni altra cosa, per aver affrontato un argomento particolarmente scabroso.
Quattro prostitute vivono in un appartamento di Marrakech, frequentano i festini che si tengono in alberghi e residenza private, affollate da Sauditi e occidentali con le tasche piene di valuta pregiata. Sono orge costruite con ben poca fantasia in cui emerge un solo dato: l’umiliazione delle donne disposte a subire qualsiasi cosa per denaro. Fuori da questo circuito le cose sono ancora peggiori, con poliziotti pronti a chiudere un occhio contro prestazioni sessuali, spesso imposte con la forza. E’ un mondo sordido e triste da cui non c’è scampo anche se il finale con le quattro femmine e l’autista che le accompagna, con funzioni di organizzatore e blanda guardia del corpo, sedute davanti al mare che sognano un dilatarsi di questi momenti di beatitudine e tranquillità. Nessuna di queste donne rivendica la sua come una scelta cosciente o, peggio ancora, ribelle ma solo come necessità imposta da condizioni di miseria e reale mancanza di possibilità alternative. Il film ha un taglio quasi documentaristico e, molto probabilmente, è questa scelta ad aver indignato bigotti e benpensanti che hanno iniziato a minacciare cineasta e interpreti al punto di costringerli a vivere sotto scorta o in semi clandestinità. Ciò che emerge è una società ipocrita in cui il denaro la fa da padrone e ogni cosa è lecita a chi ha le tasche piene di banconote. Un film che riflette un aspetto ben poco noto, anche se facilmente intuibile, di società rigidamente maschiliste che costringono le donne in situazioni sempre più umilianti.