Road 47 (A estrada 47) diretto dal quarantanovenne brasiliano Vicente Ferraz, è una strana coproduzione che coinvolge anche Portogallo ed Italia. Si parla degli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, di una squadra di ingegneri brasiliani specializzati nel disinnesco di mine inviati in Italia dagli alleati e delle difficoltà soprattutto umane che dovranno affrontare.
Siamo in Friuli Venezia Giulia e questi militari d’oltreoceano, molti dei quali volontari, si trovano in un conflitto che non sentono proprio, vivendo in condizioni atmosferiche che li distruggono fisicamente e psicologicamente. Una squadra di artificieri della Forza di Spedizione Brasiliana soffre di un attacco di panico collettivo. La disperazione, la fame e il freddo, mette in crisi i giovani soldati che devono scegliere tra la corte marziale o affrontare di nuovo il nemico senza capire né ragione e logica di questa decisione. Incontrano un disertore italiano che conquista la loro fiducia e indica loro dov’è la Strada 47 resa impraticabile dalle mine anticarro poste dai tedeschi. Decidono di bonificarla, nonostante che alcuni di loro siano morti in precedenza e che quindi sono in numero insufficiente, per dimostrare a se stessi ed agli alleati di avere fatto qualcosa di importante. In uno scontro coi tedeschi ne uccidono parecchi ma decidono di prendere prigioniero un capitano ferito e di curarlo sia per ragioni umanitarie che d’interesse. L’ufficiale, che era sul punto di disertare, ha la mappa dei luoghi dove sono stati interrati i quindici ordigni e, in questa maniera, i brasiliani riescono nella loro impresa permettendo agli americani di giungere a San Giusto. Film demagogico, girato senza mai cercar di dare drammaticità alle immagini, ha Sergio Rubini nel ruolo del disertore del tutto fuori personaggio, peraltro disegnato con tutti i luoghi comuni dell’italiano visto dagli stranieri. E’ un film che non dà nuovo lustro anche e soprattutto ai partigiani raccontati come figure schematiche viste in maniera semplicistica.
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