Il titolo si riferisce ai muri laterali ciechi dei grandi palazzi di periferia fatti apposta per poterli addossare gli uni agli altri. Muri che impediscono la vista, proprio come succede ai due protagonisti, due sociopatici ognuno a modo suo, chiusi e infelici nel loro microcosmo abitativo e mentale da dove comunicano a stento con il mondo. Medianeras - Innamorarsi a Buenos Aires parla di Martin, fobico in via di guarigione che prova ad uscire dall’isolamento del suo monolocale e soprattutto dalla sua realtà virtuale.
Lavora come web designer ed il suo mondo è dentro il computer. Mariana, laureata da due anni in architettura che sopravvive allestendo vetrine per negozi, è uscita da una storia d’amore durata quattro anni e finita male come tutte le precedenti, la sua vita è una totale confusione, proprio come l’appartamento in cui si rifugia. I due, pur frequentando le stesse zone non si sono mai incontrati o, meglio, visti. Il debutto nel lungometraggio dell’allora quarantaseienne Gustavo Taretto è basato su di un film d’impronta sentimentale che racconta anche di una metropoli, della vita frenetica, dell’incomunicabilità che caratterizza l’esistenza di molti. Bellissimo l’inizio con inquadrature che evidenziano l’illogicità architettonica di una città in cui il piano regolatore forse non esiste, dove grattacieli sono a fianco di costruzioni bassissime, in cui chiese non svettano verso il cielo ma sono messe in ombra da orribili casermoni. Martin chiama casa sua scatola da scarpe, e questo termine rende bene la mancanza di spazio e di emozioni del suo monolocale. La voce fuori campo dei due protagonisti serve a presentare in modo diretto le manie e le depressioni di cui sono affetti. Accomunati da mille fobie, che spesso rasentano il ridicolo e sono difficili da pensare come cose serie da chi non ne soffre. Questi problemi li rendono persone simili a cui forse l’amore potrà bussare. I due pensano che una finestra abusiva sulla parete dell'edificio possa donare loro quel raggio di luce di cui hanno tremendamente bisogno. L’uomo e la donna si incrociano continuamente, vivendo in contemporanea incontri fortuiti, imbarazzanti o drammatici come il suicidio di un cane. Bello, col ritmo giusto, è opera interessante che merita di essere vista.
