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Baarìa  ···
Il cinema di Giuseppe Tornatore è animato da uno stile pesante, nel senso che si può definire tale anche quello di Oliver Stone. E’ una corposità, se preferite magniloquenza, che si traduce in un andamento tendente all’epico, nella ricerca di grandiose scene di massa, rin una ecitazione più gridata che interiorizzata. Baarìa (antico nome siciliano di Bagheria, comune vicino a Palermo), è segnato da tutto questo con, in più, una sfida che, alla fine, si risolve in un difetto fondamentale. Il regista mira a costruire un grande affresco, quella della vita in Sicilia fra il ventennio fascista e i primi anni ottanta, letta attraverso la storia di tre generazioni di una stessa famiglia, sommando piccole tessere - singoli personaggi, aneddoti, storie minime, figure fra il fantastico e la cronaca minuta – con l’intento di mettere assieme il vasto quadro di un popolo e di una terra complessa e variegata come poche altre.

E’ questo il principale punto dolente del film: il non riuscire a dare unitarietà al disegno. Il racconto, così com’è, somma episodio a episodietto, personaggio a macchietta senza unitarietà di disegno. Se è vero, come dice il poeta, che non sono i singoli eventi a dare significato alla storia, bensì i rapporti fra loro, allora il film manca clamorosamente l’obiettivo proprio su questo piano, trasformandosi in una collana di perline, alcune anche pregevoli, tenute assieme da un filo troppo debole per andare oltre un insieme di semplici figurine, non dissimili dalle famose tavole della Domenica del corriere. Difficile per uno spettatore, che non abbia buona memoria e discreta cultura storica, capire ciò che scorre sullo schermo, per non dire del ben poco che può essere chiaro a un giovane. Certo un film non è un saggio di storia, ma un testo di fantasia e, nel migliore dei casi, un’opera dell’immaginazione artistica, ma, in questo caso, ciò che fa difetto è proprio la logica interna e la sua rispondenza agli obiettivi della regia. Ci sono momenti cinematograficamente molto belli, come il corteo silente degli uomini con i bottoni del lutto a commemorazione della strage di Portella delle Ginestre (primo Maggio 1947). Oppure l’episodio dell’occupazione delle terre, prova che è delle parti corali che quest’autore riesce a dare il meglio. Si è parlato molto a proposito di questo film dopo l’inopportuno apprezzamento del Primo Ministro Silvio Berlusconi, produttore di fatto dell’opera, verso un testo che esalta la vita di un comunista. Più che ogni altra cosa chi scrive ci vede la conferma che i quattrini, in questi tempi bui, comandano davvero su ogni cosa.

valutazione: 1 23 4 5

Regia: Giuseppe Tornatore; sceneggiatura: Giuseppe Tornatore; interpreti: Francesco Scianna, Margareth Madè, Raoul Bova, Giorgio Faletti, Leo Gullotta, Nicole Grimaudo, Gabriele Lavia, Ángela Molina, Enrico Lo Verso, Nino Frassica, Aldo, Ficarra, Picone, Marcello Mazzarella, Luigi Lo Cascio, Beppe Fiorello, Donatella Finocchiaro, Enrico Salimbeni, Lina Sastri, Gaetano Aronica, Alfio Sorbello, Laura Chiatti, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Corrado Fortuna, Paolo Briguglia, Luigi Maria Burruano, Franco Scaldati, Monica Bellucci, Sebastiano Lo Monaco, Tony Sperandeo, Elena Russo, Gisella Marengo, Alessandro Di Carlo, Giovanni Gambino, Davide Viviani, Mariangela Di Cristina, Christian Canzonieri, Giuseppe Garufì, Gaetano Sciortino, Giuseppe Russo, Maurizio San Fratello; produttori: Tarak Ben Ammar, Marina Berlusconi, Mario Cotone; musica: Ennio Morricone; fotografia: Enrico Lucidi; direzione artistica: Cosimo Gomez, Maurizio Sabatini; costumi: Luigi Bonanno; società produttrici: Medusa Film, Quinta Communications, Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), Eagle Pictures; nazionalità: Italia / Francia; anno di edizione: 2009; durata: 150 min.


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