Tratto da un libro di buon successo, il film della inglese di origini keniote Gurinder Chadha dovrebbe essere un inno al coraggio, all’amicizia, alla speranza ma anche una dura presa di posizione con lo scontro tra generazioni in una famiglia tradizionale pakistana; purtroppo, in pochi minuti si trasforma in melodramma peggiorato da un numero incredibile di testi e musiche scritte dal Boss, citato come Luce Divina. Racconta di Javed, adolescente britannico figlio di emigranti, che vive a Luton. Siamo nel 1987 nel momento in cui i tumulti razziali e la grave situazione economica rendono impossibile la convivenza tra le varie etnie. Per sopravvivere a questa situazione, scrive poesie deriso da tutti e osteggiato dall’inflessibilità tradizionalista di suo padre. Ma quando un suo compagno di classe pure lui pakistano gli fa conoscere la musica del Boss, scopre molti punti di contatto con la sua vita da classe operaia. Una sua illuminata insegnante capisce le sue potenzialità e lo porta a divenire importante scrittore. Ispirato ad una storia vera, è basato sulle memorie di Sarfraz Manzoor Greetings from Bury Park: Race, Religion and Rock’N’Roll riviste tramite la sceneggiatura di Manzoor, Chadha e Paul Mayeda Berges.
La storia è scandita dalla musica e dai testi poetici di Springsteen, che ha dato la sua benedizione sin dall’inizio della creazione del film (è agiografico in maniera quasi disturbante nei confronti dell’artista statunitense). Ispirato ad una storia vera, è diretto da Gurinder Chadha su di una sceneggiatura di co sceneggiata dalla regista con Paul Mayeda Berges e lo stesso Sarfraz Manzoor. Purtroppo, ogni cosa è poco credibile, gli attori sono poco convinti di quello che dicono e, su tutto, anche un doppiaggio che non riesce mai ad uscire da stereotipi che fanno parlare i genitori del ragazzo con accenti pesantemente offensivi: basta vedere il trailer in lingua inglese per capire quanto, purtroppo, non sia attinente a quanto narrato.