Questo horror naturale in cui la paura è legata a una realtà (o possibile tale) molto simile a fatti di cronaca realmente accaduti in Florida, è un onesto prodotto che mantiene quello che promette, soddisfacendo un pubblico che conosce perfettamente i meccanismi della tensione e si lascia cullare da una sceneggiatura non molto originale e scuotere dalla veridicità di molte scene. Prevedibile nello sviluppo della storia principale – la conflittualità tra padre e figlia che DEVE giungere ad un happy end – ha nei coccodrilli (uno in particolare) attori innegabilmente interessanti che, senza l’uso della parola, riescono a dire moltissimo.
Dietro la macchina da presa il decoroso regista francese Alexandre Aja che, dopo un’opera prima mediocre dal taglio fantascientifico - Furia (1999) – ha dato il meglio di sé nel horror con discreti titoli quali Alta tensione (Haute tension, 2003), Le colline hanno gli occhi (The Hills Have Eyes, 2006) remake del film di Wes Craven, Riflessi di paura (Mirrors, 2008) per avvicinarsi alla paura legata agli animali con il non riuscito Piranha 3D (2010). Nessun titolo memorabile, ma il percorso artistico di un onesto artigiano in grado di realizzare buoni prodotti con budget risicati. Pochissimi personaggi, praticamente tutto ambientato in questa specie di cantina allagata. Bene hanno fatto i distributori italiani a mantenere la parola Crawl che si riferisce tanto a quel seminterrato - in inglese crawl space) quanto al verbo to crawl, strisciare, che definisce il movimento dei coccodrilli. Ambientato in Florida, dove molto sono questi animali e parecchie sono le sue prede umane ogni anno (molte sono le paludi che li ospitano, sia naturali che artificiali) è ambientato durante ad uno dei tanti allagamenti che ogni anno sono presenti in quello Stato legato nell’immaginario collettivo principalmente alle belle spiagge e al clima paradisiaco. Si racconta di campionessa di nuoto col padre allenatore suo pungolo per divenire quello che è, da quando la madre ha lasciato l’uomo non lo ha più frequentato perdendo anche lo stimolo nelle gare: ormai il podio non è più alla sua portata. Quando scopre che il padre è intrappolato nella casa dove è cresciuta, va da lui per cercare di salvarlo (ma pensa anche al cane a cui è molto affezionata) rischiando di morire per ottenere di tornare assieme alla vita, al loro bel rapporto ora incrinato. Barry Pepper è attore affidabile e rende perfettamente tutte le sfumature del suo personaggio ma il punto di forza del film – a parte il coccodrillo superstar – è la bravissima ventisettenne londinese Kaya Scodelario carismatica, empatica, convincente anche in alcune scene forse un po’ meno interessanti.