Giorgio Tirabassi è attore che spazia dal comico al drammatico con grande bravura, riuscendo ad essere sempre il personaggio che interpreta in quel momento, con tutte le sue sfumature. Avvicinandosi alla regia, ha cercato di realizzare un film in cui siano presenti comico, commedia, melodramma ma, dopo la prima parte in cui l’equilibrio è bene presente (anche se la comicità è componente più elevata) il regista sembra non avere la capacità di scegliere uno stile, rendendo molto frammentario quello che appare sullo schermo.
L'idea di questa storia a Tirabassi era nata dai racconti che interpretava a teatro, scritti da Daniele Costantini, su due rapinatori disgraziati e iellati, Nello e Rufetto, a cui non ne andava mai bene una. A teatro era tutto un po’ surreale, qui la narrazione tiene bene presente una realtà che potrebbe esistere; racconta di due rapinatori che potrebbero essere anche dei precari, dei cassintegrati, sicuramente persone che non riescono ad arrivare coi soldi alla fine del mese. È un film a basso budget in cui molti interpreti sono presenti probabilmente più per amicizia che per il vile denaro. Valerio Mastandrea è un ligio impiegato delle Poste convinto di essere attento osservatore della clientela, Marco Giallini è il capo senza cuore di una comunità di nomadi, Pasquale “Lillo” Petrolo un meccanico amico dei malviventi a cui vende qualsiasi tipo di arma. Sono presenze interessanti che, soprattutto nel caso di Mastandrea, fanno sorridere. I veri protagonisti sono il regista e Ricky Memphis - suo collega in Distretto di Polizia – che interpretano con grande malinconia due malviventi di mezza tacca che giunti ai 50 anni non hanno una casa e, nel caso di Rufetto, anche sposato: assieme alla moglie ed al figlio vive dal suocero che lo disprezza. Nello è solo, profondamente solo e spesso viene invitato a mangiare a casa dell’amico; vorrebbe trovare una donna ma gli va sempre buca. Sono stati in carcere oltre 4 anni per un colpo non riuscito e, ogni volta che tentano una rapina, gli va storta tanto da fare pensare al single di essere ‘maledetto’, segnato dal destino. Rubano (o cercano di rubare) perché è l’unico lavoro che sanno fare, per potere dare l’acconto per un appartamento o per migliorare il loro tenore di vita. Ma l’unica volta che vengono pagati per fare un vero atto criminale – il trasporto di un uomo ucciso da Roma al posto dove verrà fatto sparire nel nulla – va ancora più storta del solito e hanno alle spalle i committenti che credono di essere stati imbrogliati dalla coppia di amici. Il finale, che ha un po’ il sapore del posticcio, è parzialmente riuscito, con un happy end in cui una disgrazia si trasforma per i due forse come la definitiva soluzione dei loro problemi economici. Comprimari di ottimo livello Gianfelice Imparato e Paola Tiziana Cruciani (suoceri di Rufetto), Roberta Mattei (la moglie) e il boss del quartiere Sasà Striano.