Nella notte tra il 4 ed il 5 settembre 2014, attorno alle 2,30, c’è stato un inseguimento nel quartiere Traiano di Napoli tra un motorino su cui si trovavano tre persone e un’auto con due carabinieri del Nucleo Radiomobile di Napoli. I carabinieri hanno chiesto alle persone sul motorino di fermarsi ma queste non hanno obbedito. E’ stato sparato un proiettile dall’arma di uno dei carabinieri e il proiettile ha colpito Davide Bifolco. Il ragazzo è stato portato all’ospedale San Paolo ma è morto poco dopo il ricovero. Pochi giorni dopo avrebbe compiuto 17 anni.
Questa la base del documentario realizzato da Agostino Ferrente che racconta molto di una Napoli povera, di un rione che segna negativamente chi ci nasce, dove prolifera la malavita ed in cui è difficile fare una vita onesta. Autore de L'Orchestra di Piazza Vittorio (2006) su di un’iniziativa di aggregazione del tastierista degli Avion Travel realizzata in una zona romana in cui gli italiani sono esigua minoranza, Ferrente in questa occasione ha realizzato qualcosa di innovativo, lasciando in mano a due ragazzi di 16 anni un cellulare diventando loro stessi operatori, creando una simbiosi assoluta con quanto raccontato e l’immediatezza di come si ottiene il risultato. Selfie non è tutto incentrato sulla uccisione di Davide, che tuttora nel quartiere tutti ricordano con dolore, ma racconta soprattutto dell’amicizia tra i due ragazzi così diversi tra loro eppure così legati, protagonisti uno della vita dell’altro. Uno lavora come barista e consegna anche i caffè al domicilio dei clienti, l’altro sogna di diventare barbiere. Uno regge l’altro e assieme riescono a sconfiggere il richiamo del denaro facile; famiglie povere ma oneste, figli che proseguono su questa retta via. “I soldi facili non servono a niente” dicono. Alessandro vive con la madre mentre il padre è lontano e si è creato un’altra famiglia: ha lasciato la scuola per colpa di un’insegnate che non gli aveva permesso di spiegare senza ripetere a memoria una poesia di Leopardi. Pietro ha un padre presente, onesto piazzaiolo, che non ha cultura e si dispiace di non poterlo aiutare negli studi. Sono ragazzi come tanti, senza grilli per la testa e onesti come Davide che voleva fare il calciatore. Oltre a loro, il protagonista è il quartiere dove ci sono ragazze belle che per avere qualche lusso mettono in conto di sposare un malavitoso che guadagna facile ma che probabilmente finirà in carcere, avventori che trascorrono le giornate in bar e pizzerie, ragazzini che a 12 anni maneggiano già le pistole. Il loro video-selfie e quello degli altri ragazzi che partecipano al documentario viene alternato con le immagini gelide delle telecamere di sicurezza che sorvegliano le strade del rione, in attesa che accada qualcosa, ovviamente di negativo: impresse nelle immagini la data e l’ora che raccontano un nulla apparentemente immutabile che può diventare senza preavviso terreno di morte.
