Roberto Minervini, classe 1970, con What You Gonna Do When the World's on Fire?, letteralmente Che fare quando il mondo è in fiamme? al suo quinto lungometraggio, affronta il tema non certo nuovo per il grande schermo, ma quanto mai attuale: quello della discriminazione raziale.
I precedenti sono importanti a cominciare con i grandi classici del tema come il discusso Nascita di una Nazione (1915) di David Wark Griffith, il forte Indovina chi viene a cena (1967) di Stanley Kramer e il crudo Mississipi Burning (1998) firmato da Alan Parker per arrivare ai più recenti, ma non meno importanti, Selma – La strada per la libertà (2014) di Ava DuVernay, Loving scritto e diretto da Jeff Nichols e Il diritto di contare (2016) di Theodore Melfi. Sono pellicole in cui si parla di schiavi, di ghetti e ghettizzazioni, di razzismo in varie forme. Soprattutto, sono film ispirati a storie vere, storie di persone che hanno lottato per i propri diritti. Roberto Minervini, con la sua pellicola, va oltre e consacra il suo lavoro all’America dagli emarginati e delle periferie, non solo fisiche ma soprattutto culturali e che Hollywood e i media estromettono dalla rappresentazione. Prendendo spunto dagli eventi violenti che, nell'estate del 2016, videro coinvolta un'intera comunità afroamericana di Baton Rouge, in Louisiana, l’autore racconta con lo stile del documentario, tre storie parallele di emarginazione ma al contempo di resilienza al sopruso e alla violenza; l’uso dei tanti e lunghi piani sequenza, consente inoltre all’autore di cogliere non solo i volti dei protagonisti, ma le fragilità ed i pensieri più intimi degli stessi, in quella condizione di sospensione tra paura e coraggio che non li abbandona mai. Un buon film, duro ma al tempo stesso pieno di umanità, che tiene viva, anche se flebile un’idea di speranza e riscatto ai guasti che le politiche ostentatamente discriminatorie, razziste producono in molte aree e strati delle società contemporanee.