Il significato di questo bel film di impegno politico e sociale, è nella frase fai in modo che non ci dimentichino detta da una delle tante persone che incontra il giornalista/reporter Ryszard Kapuściński mentre percorre le strade sterrate e i villaggi dell’Angola in piena guerra civile per raccontare al mondo le storie di chi sta vivendo quei tragici giorni: mesi intensi, vissuti quasi più da combattente che non da testimone.
Tra le tante figure che rendono indimenticabile questo racconto c’è l’affascinante e grintosa guerrigliera Carlota ricca di carisma e di coraggio ma anche il timoroso comandante che ha deciso di schierarsi con i più deboli, non riesce ad ucciderli, anzi, cerca di portare loro conforto sanitario. Tutto nella norma, fino a quando nei suoi peregrinaggi Kapuściński scopre una realtà che potrebbe cambiare le sorti della guerra fredda ma che rischierebbe di creare ancora più vittime innocenti. È combattuto col dovere di divulgare il fatto, ma la sua coscienza lo mette davanti ad un bivio. Raúl de la Fuente e Damian Nenow, sceneggiatori principali del film e registi dello stesso, hanno saputo trasformare questo reportage particolarmente interessante in un’opera cinematografica complessa ma coinvolgente in cui hanno utilizzato varie tecniche filmiche - splendide sequenze animate, interviste in live action ai veri protagonisti, documentario – per emozionare. Non tutto fila sempre liscio, alcuni momenti sono disequilibrati, certe situazioni sono fin troppo spettacolari, ma alla fine il giudizio può e deve essere positivo. Si inizia il viaggio col reporter nella capitale dell’Angola, l’anno è il 1975. Il paese cerca di portare avanti la decolonizzazione intrapreso subito dopo il successo della Rivoluzione dei Garofani. I portoghesi fuggono dalle zone più alla moda di Luanda temendo attentati. I negozi chiudono, le forze dell’ordine spariscono dalle strade, mucchi di immondizia coprono tutte le strade ed il reporter continua imperterrito a mandare telegrammi dalla città ormai vuota, riportando aggiornamenti quotidiani all’agenzia stampa polacca. Kapuściński decide di proseguire il suo viaggio fino ai più estremi confini della guerra. Così facendo, mette a rischio la sua vita pur di essere il primo giornalista al mondo a inviare notizie quotidiane in diretta proprio dal centro del conflitto.