Go – Home a casa loro, diretto da Roberto Gualano, al suo secondo lungometraggio, affronta in maniera originale il tema di strettissima attualità delle paure, spesso immotivate ma fomentate, ed i luoghi comuni, che l’immigrazione produce in ampi strati della nostra società.
Protagonista è Enrico (Antonio Bannò), uno squattrinato che vive nella periferia anonima romana, senza uno scopo nella vita, che è parte di un gruppo di estrema destra, più per opportunità che convinzione e che nel corso di una manifestazione, non pacifica per protestare contro l'apertura di un nuovo centro d'accoglienza si trova, protagonista suo malgrado, a dover sopravvivere ad una improvvisa “epidemia” di morti viventi. I ruoli si ribaltano da aggressore si trova egli stesso vittima e unico sopravvissuto della sua banda ed è costretto a rifugiarsi, mascherando le proprie convinzioni politiche, nello stesso centro migranti che un attimo prima voleva far smantellare e far fronte comune con loro, per scampare al pericolo. La pellicola vuole essere un film politico e a suo modo sociale che usa la metafora degli zombi, per manifestare la paura e la crescente insofferenza verso i migranti e la vulnerabilità di quest'ultimi di fronte allo sdoganamento di propagande politiche fascistoidi. Ciò che manca al film è il coraggio tuttavia di spingersi oltre riconoscendo con precisione i responsabili, mossi da bassi calcoli politici mentre si limita a descrivere un climax generale, dove colpevole appare, casomai, la burocrazia con le sue regole rigide e inumane. Positivo è comunque il messaggio di fondo, del film: un invito a uscire da noi stessi, dai nostri egoismi e dalle nostre paure alla riscoperta di gesti comuni, semplici, dell’umanità e autenticità delle persone; la speranza nel film ha il volto e gli occhi del piccolo Ali è lui il messaggero di un mondo di pace, dignità e benessere.