Leonardo D'Agostini si è formato in televisione come sceneggiatore, regista di seconda unità e assistente in varie serie di buon successo. Con una esperienza di una ventina di anni, ha debuttato nella regia con un tema difficile che nel cinema non ha mai avuto vita facile. Parla di calcio e lo fa tramite un personaggio facilmente contestabile, che rappresenta il meglio ed il peggio di questo gioco divenuto business in cui alcuni eletti guadagnano milioni di euro l’anno.
Un pive de oro cafone, figlio di borgata con un padre mellifluo che lo utilizza per i suoi interessi, madre morta anni prima per tumore, ‘amici’ che condividono la sua villa e la sua ricchezza, bellissima compagna influencer molto attiva su Internet, manager che gli fa trovare mille occasioni di guadagno. È un mondo apparentemente dorato dove nulla manca per sentirsi felici, con rombanti Lamborghini pronte a dimostrare la Potenza del loro padrone. Incidenti stradali, risse, notti folli sono le componenti della vita del giovane. Questo è l’inizio del film, la presentazione della vacuità di un mondo in cui il denaro è l’unico dio che conta, dove tutto si può comperare, ma non il rispetto e l'amicizia. È un giocatore della Roma il cui Presidente, stufo di dover coprire le malefatte del suo campione, decide di imporgli una disciplina con l’obbligo di ottenere la maturità. Da questo momento entra in scena il secondo personaggio, il professore scelto per trasformare questo immaturo in un uomo. Ben scritta la sceneggiatura – a parte il poco credibile particolare che il professore non ha mai sentito nominare il goleador – e piacevole il percorso che entrambi devono percorrere, alleati uno dell’altro: per il giovane c’è il rischio di non giocare, per l’insegnante la perdita di uno stipendio per lui molto vantaggioso. Tra i due nasce il rispetto, indispensabile per far capire a tutti e due che differenti caratteristiche e comportamenti meritano lo stesso trattamento. Da qui nasce un'amicizia che li rende migliori, capaci di affrontare la propria esistenza con maggiore serenità. Stefano Accorsi a tratti carica eccessivamente il suo personaggio mentre Andrea Carpenzano dimostra ancora una volta di essere ben più che una promessa del cinema nostrano. La regia è corretta, a tratti interessante, sempre idonea a far vivere al meglio quanto scritto nella sceneggiatura. Forse gli manca una certa originalità, ma è una pecca più che accettabile in un’opera prima.