Film dal taglio televisivo e con una sceneggiatura che del qualunquismo fa la sua bandiera, Bene Ma Non Benissimo dimostra ulteriormente che un’idea che poteva sembrare interessante possa essere sprecata. Il tema del bullismo è narrato in maniera poco efficace, con ‘cattivi’ di scarso spessore che in una ipotetica realtà non spaventerebbero nessuno.
Anche il tema dell’emigrazione verso la mitica Torino vista con gli occhi di quei tanti meridionali che la raggiungevano nel dopoguerra per un posto sicuro alla Fiat è sprecato in una esteriorità sconfortante. Anche quella specie di razzismo del padre di ragazzo ricco e introverso nei confronti dei poveri lascia il tempo che trova. Sembra di essere alla sagra delle occasioni perdute in cui ogni idea trova un epilogo non felice. Anche la figura della ragazzina che è gioiosa perché lì spera di incontrare il suo amato rapper non è ben sviluppato: nasce correttamente come sogno di uno dei tanti ragazzini per il proprio idolo ma si stempera al momento dell’immancabile incontro con una esibizione canora che sa più di videoclip che non di momento drammaturgicamente interessante. Non manca la figura della mamma morta, ma un po’ tutti i luoghi comuni sono inseriti forse per tentare di aumentare la base di chi potrebbe essere interessato al film. Non tutto è negativo, ma dispiace vedere le potenzialità pur presenti che vengono dimenticate dopo pochi minuti. Colpa principale è della sceneggiatura che non ha saputo trovare uno sviluppo che interessi: si sa come inizia, si immagina come prosegue, si ha la certezza del suo finale. Il qualunquismo dei vari personaggi spesso è sconfortante, la prova dei vari comprimari pure. Inutile infierire su Francesco Mandelli che dà l’impressione di essere in buona fede ma a cui manca ancora qualcosa per sapersi esprimere nel linguaggio cinematografico. Ha avuto il coraggio di abbandonare il personaggio vincente che lo aveva fatto conoscere con I soliti idioti (2011) e prosegue in una carriera cinematografica iniziata nel 2002 in cui dimostra il suo desiderio di trovare una propria identità. Dopo La solita commedia – Inferno (2015) legato al suo trascorso al suo mondo cabarettistico co-diretto coi suoi compagni di ventura Fabrizio Biggio e Martino Ferro, qui tenta la strada della regia in un film che nulla ha a che fare col suo passato più comico. I propositi sono onesti, il risultato appena vicino alla sufficienza grazie alla brava e coinvolgente Francesca Giordano dal sorriso solare e dalla determinazione che la fa affrontare la vita con una serenità contagiosa. Santina nella serie televisiva La mafia uccide solo d'estate (2016/2018), prosegue un percorso artistico sicuramente di buon interesse. Adolescente sovrappeso e orfana di madre vive con il padre in un piccolo paese del sud: balla sulle musiche del rapper Shade ed è felice. Costretta a trasferirsi a Torino con il padre, la ragazza deve affrontare l'integrazione in una nuova scuola a metà dell'anno scolastico diventando per l’aspetto fisico e le sue origini zimbello dei suoi compagni. Diventa amica di un ricco coetaneo bullizzato dai compagni. Da semplici compagni di banco diventano ben presto amici inseparabili che riusciranno a superare i problemi.
