Film interessante che non sempre convince, è impegnato sui temi della diversità ma spesso lo sviluppo diviene un po’ troppo grottesco; oltretutto, encomiabile la scelta di evitare effetti invasivi, ma la loro assenza priva di ritmo la narrazione.
Gli effetti creati per rendere credibili le creature che sembrano neonati ma tali non sono, hanno donato al film giustamente la nomination agli Oscar ma, nello stesso tempo, non sono sufficienti per offrire la magia che si penserebbe di trovare in un’opera particolarmente visionaria. Autore del racconto da cui è tratto il film è lo svedese cinquantenne John Ajvide Lindqvist, considerato da molta critica internazionale quale lo Stephen King scandinavo (e sembra che King lo consideri come un promettente discepolo); è stato altre volte fonte di lavori cinematografici e televisivi quali l’ottimo horror Lasciami entrare (Låt den rätte komma in, 2008), Hanteringen av odöda (2019) e varie serie televisive. Sono poche pagine su cui il regista, anche cosceneggiatore, ha voluto costruire un castello che si rivela a tratti fragile. Qui al suo secondo film dopo il mediocre horror Shelley (2016) mai giunto sui nostri scherni, Ali Abbasi dimostra di padroneggiare meglio il mezzo filmico ma in fase di scrittura risulta ancora carente. Di origini iraniane – si è trasferito da pochi anni in Scandinavia – Abbasi sicuramente potrà diventare un regista interessante, ma per ora premi internazionali quali Un Certain regard all’ultimo Cannes li vince più per il suo trascorso in un paese considerato molto difficile per gli artisti che per meriti riscontrabili di quanto da lui realizzato. Il trucco, oltreché nella creazione dei piccoli simili a neonati, è stato indispensabile per rendere davvero irriconoscibili i due protagonisti, Eva Melander ed Eero Milonoff, che sotto una maschera impegnativa anche da indossare, hanno dato vita a personaggi di grande umanità anche se non sempre politicamente corretti (soprattutto lui, con vari cadaveri nell’armadio). Border vede protagonista una donna impiegata alla dogana. E’ utilizzata in quel lavoro per il suo olfatto eccezionale che le permette di scoprire alcool e droga ma anche il senso di colpa, la paura, la vergogna di chi le passa davanti. Tutto bene fino a quando non incontra, un uomo che le assomiglia moltissimo fisicamente e nel volto. Sente che nasconde qualcosa ma, prima volta nella sua vita, non riesce a scoprire nulla. Non solo, è irresistibilmente attratta e la storia d’amore con lui le farà scoprire la sua vera identità. Con l’uomo, infatti, condivide una natura segreta. Viene a sapere di non essere figlia di quello che riteneva suo padre e conoscere la ragione di una cicatrice che ha sulla schiena. A questo si aggiungono tante altre terribili verità.