Seconda puntata di quel Benvenuto Presedente! (2013) di Riccardo Milani in cui Giuseppe Garibaldi, illetterato pescatore di trote, diviene innovativo Capo dello Stato. Qui cambia la direzione (si raddoppia, dietro la macchina da presa ci sono i rampanti Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi), l’interprete della moglie e quant’altro, ma il risultato è molto deludente, ancora di più di quello che ci si possa immaginare da un prodotto di questo tipo, con riproposta di una realtà sociale e politica da barzelletta in cui mancano i nomi e cognomi (ma gli autori potrebbero essere denunciati) per rendere ancora più diretta la fotocopia di quanto loi sceneggiatore i ritiene che accada nell’attuale mondo della politica.
Si comincia con il leader di Precedenza Italia che arriva al Quirinale sul suo Suv urlando davanti alle telecamere Basta con i clandestini! Bisogna appenderli per i piedi come un grottesco Salvini. Si prosegue con il non-laureato (si vanta con Bisio di non avere fatto nemmeno il liceo) sosia del Di Maio 5 stelle per proseguire con l’inconcludente capo della sinistra identificato nel leader del partito Sovranità Democratica. Come se non bastasse, il Presidente della Repubblica ricorda fin troppo Mattarella. Questa non è satira, non ha nemmeno la freschezza del cabaret: è un insieme di scenette che è difficile definire film. Non solo, manca anche un vero indirizzo narrativamente interessante, mischiando commedia sentimentale, thriller, ‘politica’ e creando un guazzabuglio poco divertente e molto indigesto. L’unica scena interessante, o quantomeno capace di creare un minimo di satira, è quella che coinvolge il nuovo Primo Ministro con gli esperti ladroni della Prima Repubblica – bene interpretati da Ivano Marescotti, Massimo Popolizio e Cesare Bocci – che gli spiegano come fare approvare una legge: basta scriverla in maniera incomprensibile e metterla come ultima sotto una pila di altre da approvare, ma solo nelle ultime ore che precedono il ‘sacro’ week end. Giuseppe Garibaldi, dopo essere stato Presidente della Repubblica ed essersi ritirato in collina per fare una vita tranquilla col figlioletto e con la frustrata moglie – ex eminenza grigia della vita politica - di fronte a una crisi di Governo viene nuovamente chiamato da Roma, stavolta per ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio. Accetta perché ora la delusa moglie lavora al Quirinale e lui, innamoratissimo, non riesce più a vederla. Si trasferisce in uno squallido monolocale con scarafaggi e lì rimane anche quando entra in carica. Nella sua residenza ufficiale accoglie senza tetto, e subito acquista la benevolenza e la fiducia del Popolo.