Old man and the gun di David Lowery è una sorta di testamento, questo non solo perché l’interprete principale, l’attore e regista Robert Redford, a 82 anni ha dichiarato che questo è l’ultimo film che interpreta, ma e soprattutto perché la storia di questo rapinatore – gentiluomo, realmente esistito e autore di innumerevoli colpi e evasioni negli anni ottanta, è stata letta come una metafora della vita del grande interprete.
Volete una conferma? Provate a sostituire le parole rapina in banca con quella di film e ne otterrete una biografia che coincide quasi in tutto con quella di Robert Redford. Quest’ultimo è stato una degli ultimi divi, forse l’ultimo se si intende questo termine alla maniera di una figura che attraversa gli anni mantenendo intatto il suo carisma. Forrest Tucker, il personaggio al cento del film, ha commesso negli anni ottanta - quelli delle presidenze di Jimmy Carter (1924) e Ronald Reagan (1911 – 2004) – una serie incredibile di rapine in banca presentandosi alle sue vittime come un vero gentiluomo, sostenendo di avere in tasca una pistola, parlando con modi impeccabili, facendo i complimenti alle donne e invitando gli uomini a non prendersela troppo. Bastano queste caratteristiche a tracciare il profilo di un attore e regista che ha fatto sognare centinaia di spettatrici, ha ammaliato una grande platea di spettatori, si è sempre schierato dalla parte dei democratici e ha ottenuto grande fama anche partecipando a film che denunciavano lo strapotere criminale della CIA (I tre giorni del Condor di Sydney Pollack (1934 – 2008) con cui fonderà, nel 1981, il Sundance Film Institute ), lo sterminio dei nativi (Corvo rosso non avrai il mio scalpo, 1972, diretto anche questo da Sydney Pollack) e grandi successi commerciali percorsi da una piacevole spirito anarchico (La stangata, 1973, di George Roy Hill (1921-2002)). In poche parole un film che ha il profumo di un’epoca tramontata per sempre.