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Lettere da Iwo Jima ···· Lettere da Iwo Jima ···· Hot

Lettere da Iwo Jima ····

Image Questa seconda parte del discorso di Clint Eastwood sulla sanguinosa battaglia d’Iwo Jima (19 - 26 marzo 1945) conferma e migliora il giudizio largamente positivo già espresso in occasione della presentazione di Flags of our Fathers. Lettere da Iwo Jima ci porta dall’altro lato della barricata, fra i soldati giapponesi che, affamati, tiranneggiati da ufficiali imbevuti di nazionalismo imperiale, male armati e vestiti di stracci, tentano inutilmente di opporsi ad un esercito ricco poderoso. Se, nel primo film, l’occhio del regista centrava la menzogna e l’ipocrisia che accompagnano lo scontro bellico, con un inevitabile richiamo alla fandonie spacciate da George W. Bush per giustificare l’avventura iraniana, qui è l’essenza stessa della guerra a venire alla luce. Se il film potesse emanare un odore, sarebbe quello dei corpi macilenti e sudati, della cordite e dell’afrore dolciastro del sangue, degli escrementi (straordinaria l’intera sequenza del trasporto del bugliolo collettivo fuori della galleria in cui i soldati sono rintanati).

Il filo conduttore lo offrono le lettere, raccolte in volume da Tsuyoko Yoshido e utilizzate come base da Iris Yamashita e Paul Haggis, lasciate dal comandante in capo dell’armata asserragliata nell’isola. Tadamichi Kuribayashi era una figura complessa. Aveva vissuto a lungo negli Stati Uniti (portava nella fondina una Colt con il manico d’avorio, donatagli dagli amici al momento della partenza dagli USA). Militare sino al midollo, aveva capito ben presto che la guerra contro la potenza americana era persa in partenza. Nel ritratto che ne fa il regista è uomo tutto di un pezzo, ma considera i soldati con un barlume d’umanità, come dimostra il suo rapporto con il soldato Saigo (Kazunari Ninomiya), un ex panettiere preoccupato più delle sorti della famiglia rimasta in patria che non di quelle del conflitto. In questo film il regista conferma il giudizio dato da molti su di lui: quello di essere un americano sino alla punta dei capelli. E' un intellettuale sensibile ai diritti dell’uomo, come individuo, e infastidito da qualsiasi sovrastruttura gli si sovrappone. Un regista con gli occhi ben aperti e una cultura cinematografica saldamente ancorata al cinema classico; un autore diverso dai registi di sinistra europei, ma, proprio per questo, un formidabile autore e un testimone importante della cultura americana.

Regia: Clint Eastwood; testo: Iris Yamashita, Paul Haggis dai libri di Tadamichi Kuribayashi e Tsuyoko Yoshido (Picture Letters from Commander in Chief); sceneggiatura: Iris Yamashita; interpreti: Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Tsuyoshi Ihara, Ryo Kase, Shido Nakamura, Hiroshi Watanabe, Takumi Bando, Yuki Matsuzaki, Takashi Yamaguchi, Eijiro Ozaki, Nae Yuuki, Nobumasa Sakagami, Akiko Shima, Lucas Elliott, Sonny Saito; produttori: Clint Eastwood, Paul Haggis, Robert Lorenz, Steven Spielberg; musica: Kyle Eastwood, Michael Stevens; fotografia: Tom Stern; montaggio: Joel Cox, Gary Roach; ricerca attori: Phyllis Huffman; scenografia: Henry Bumstead, James J. Murakami; arredatore: Gary Fettis; costumi: Deborah Hopper; società produttrici: Amblin Entertainment, DreamWorks SKG, Malpaso Productions, Warner Bros. Pictures; nazionalità: USA; anno di edizione: 2006; durata: 141 min.

valutazione: 1 2 3 4 5

 

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