Leonardo Pieraccioni, al suo decimo film come regista, dimostra che quanto aveva fatto sperare con la sua opera prima I Laureati (1995) interpretato da uno strepitoso Rocco Papaleo, seguito dal super premiato Il ciclone (1996) e dal mediocre, ma accettabile, Fuochi d’artificio (1997), non ha avuto riscontro continuativo nella sua ormai ultraventennale esperienza dietro la macchina da presa.
Come co-sceneggiatore ha quasi sempre avuto Giovanni Veronesi e questo lo ha aiutato a creare, attorno al personaggio del sempre immaturo dal cuore d’oro, un minimo di credibilità. In questa occasione, come compagno di ventura, ha Filippo Bologna, tra l’altro autore a 360 gradi di quel Cosa fai a Capodanno? (2018) da poco uscito sui nostri schermi. Forse conosce malamente lo stereotipo che il regista ha creato, forse non lo riesce a leggere come suo, ma la banalità e l’assoluta improbabilità di quanto detto in 90 minuti è quanto di più noioso ed imbarazzante si possa immaginare. La storia vacilla proprio dalle scene iniziali, dalla base di questo edificio dalle fondamenta di argilla. Difficile pensare che una figlia quindicenne pensi di contattare tutte le ex del padre che ha abbandonato la madre, improbabile che la nonna abbia tutti gli elementi per permettere alla nipote di mandare messaggini a tutte le ex del figlio, addirittura fantascientifico credere che quaranta/cinquantenni, probabilmente protagoniste di una vite proprie dopo avere avuto una storia d’amore con lui, abbandonino tutto per incontrarlo. È vero che gli SMS sono ormai utilizzati per ogni cosa e sono spesso diventati strumenti di comunicazione mai messi in discussione da chi li riceve, ma riaprire un capitolo della propria vita dopo avere ricevuto un sono cambiato, riproviamoci appare poco plausibile. Anche il tentativo di creare situazioni al limite per queste donne (non manca neppure quella che vuole cambiare sesso) appare più come speranza di stupire che non di costruire una struttura drammaturgicamente interessante. Il personaggio da cui parte questo scherzo al giornalista web che si occupa di informatica per un sito e che lo rende agiato (anche questo, difficile da credere) è mal descritto: una figlia che vuole vedere il padre felice poteva e doveva essere costruita in maniera meno raffazzonata. In un cammeo (spettatore di una partita di calcio) c’è l’amico di sempre Carlo Conti, ma anche lui non riesce a svegliare da un certo torpore intellettuale che accompagna lo spettatore per tutta la durata del film.