Edoardo De Angelis è un cineasta a tutto tondo. Colto. al punto di fare della colonna sonora dei suoi film un elemento fondamentale, anche se non disdegna, come sceneggiatore, di cimentarsi in commedie all’italiana di livello piuttosto basso. Sono anche suoi i testi da cui sono nati film come Andiamo a quel paese (2014) e L’ora legale (2017) di e con Salvatore Ficarra, Valentino Picone o Vengo anch'io (2018) di e con Corrado Nuzzo e Maria Di Biase.
Tuttavia, è nei film drammatici che questo autore esprime compitamente il suo mondo, dapprima con Perez (2014), poi con Indivisibili (2016) ed ora con Il vizio della speranza. Maria, un’orfana venuta dal mare, vive in una Castel Volturno in cui s’incrociano degrado, miseria, traffici loschi e grande ricchezza. Lei sopravvive al servizio di una trafficante di neonati che sfrutta le donne di colore sia facendole prostituire sia, quando rimangono incinte, vendendone i figli a coppie che non riescono a percorrere le vie delle adozioni legali. Lei sembra essere condannata alla sterilità, per cui, quando scopre di attendere un figlio, è la prima ad esserne sorpresa. La prossima maternità scatena nella ragazza una voglia di rivolta che la spinge ad abbandonare la padrona, che vorrebbe appropriarsi anche del frutto del suo ventre per risarcirsi di un’altra prostituta in attesa che Maria ha aiutato a fuggire. Con l’iuto di un anziano giostraio cui la malavita distruggerà l’unico strumento di lavoro che gli è rimasto, la ragazza dà alla luce un bimbo, la mattina di Natale in un edificio diruto davanti ad una spiaggia inondata dai primi raggi del sole. È così che anche lei scopre Il vizio della speranza. Un film molto originale, scenograficamente ambientato in un panorama dominato dal degrado e dalla decadenza e teso a scoprire e far scoprire un mondo che il cinema e la cultura sembrano voler ignorare colpevolmente e che, invece, è parte importante della società in cui viviamo.