Summer (Leto - L'estate) del teatrante russo Kirill Serebrennikov, del quale proprio in questi giorni di celebra un processo – in quanto direttore di teatro - per appropriazione di fondi pubblici dai contorni quantomeno ambigui, ci riporta all’URSS dell’inizio anni 80, quando la contestazione al regime si giostrava sulle note della musica rock, sulla sua diffusione - al tempo considerata antipatriottica – e sulla voglia dei giovani artisti di andare oltre ciò che era stato fatto sino a quel momento per dare alla nuova tendenza connotati nuovi, autenticamente russi.
Sono i giorni in cui la perestroika gorbacioviana cerca di affermarsi a fatica contro le molte incrostazioni lasciate dalla notte brezneviana. Il film. girato in bianco e nero per cogliere una sorta di aspetto documentaristico, mescola in modo armonioso la storia raccontata, anche se con non pochi elementi del tipo genio e sregolatezza, con citazioni di brani di Lou Reed e David Bowie. Un altro elemento di rilevo è l’inserimento di sequenze animate o fortemente manipolate, in questo senso uno dei momenti cardine, quando il confronto fra i personaggi e la società, è quello del confronto – scontro fra i viaggiatori del treno e i giovani. Una disputa che assume un ruolo determinante anche come simbolo della distanza che separa generazioni e culture. In altre parole, un film interessante anche se un po’ presuntuoso nel voler rappresentare un’epoca attraverso un fenomeno che ha interessato moltissimo i giovani, ma ha lasciato quasi indifferenti milioni di russi.