Stefano Sollima, conosciuto principalmente per la regia di fiction e serie televisive, quali Un Posto al Sole (1998-1999), Romanzo Criminale (2008-2010) e Gomorra - La Serie (2014-2016), fa il suo esordio alla regia cinematografica sul grande schermo, con la trasposizione di due romanzi di Carlo Bonini, editorialista de “La Repubblica”: A.C.A.B - All Cops Are Bastards del 2012, sui membri dell'unità della celere della polizia di Stato, e Suburra, del 2015 sulla criminalità romana.
Per il suo terzo lungometraggio il nostro autore sbarca in America: Soldado, è il sequel di Sicario di Denis Villeneuve del 2015, e risente molto della cultura cinematografica del paese oltreoceano; siamo di fronte ad un trhiller ed una spy story ad alta tensione, dove la violenza e la sopraffazione sono la regola che vanno al di là del singolo individuo, ma diventano sistemici. Un film cupo, rischiarato solo in parte dal grande spazio geografico rappresentato dal confine tra Stati Uniti e Messico, teatro delle sequenze più belle di tutta la pellicola. La storia prende avvio da un attentato suicida ad opera di fondamentalisti islamici, in un supermercato di Kansas City; il dipartimento di stato americano della difesa, sospetta che a favorire gli attacchi, ci possa essere il traffico clandestino di esseri umani, ad opera dei cartelli del narcotraffico messicani; per ristabilire l’ordine autorizza la CIA ad applicare misure estreme per combattere i cartelli della droga messicani e l'opzione migliore appare quella di istigare una guerra intestina tra bande rivali, simulando il rapimento della figlia di uno dei capi, affinché si autoelimino a vicenda. Il cast è di tutto rispetto: Matthwe Modine è il segretario di Stato, Josh Brolin è Mat Graver, capo della squadra scelta di soldati americani che assolda per la missione l’amico e contractor Alejandro, un carismatico Benicio del Toro, perfettamente calato nel ruolo. La cifra stilistica del film, tra imboscate, combattimenti a fuoco, esecuzioni sommarie, è quella di procedere per la sottile linea di demarcazione che separa la ragione di stato con le sue regole e ciò che, sempre la ragione di stato, ammette e giustifica al di fuori dei protocolli internazionali. Su questo confine il regista gioca sui sentimenti e le coscienze dei suoi protagonisti.