Quest’opera, prima ancora di approdare sugli schermi, si è segnalata come uno dei casi destinati a rimanere nelle cronache del fare cinema. Prima di tutto il tempo. Terry Gilliam ci ha messo più di vent'anni anni a portare a termine L'uomo che uccise Don Chisciotte, un quarto di secolo speso fra cambio di produttori, malattie degli interpreti, fenomeni naturali (un nubifragio distrusse interamente le scenografie) sino alla causa legale del produttore portoghese Paulo Branco che ha tentato di impedire la presentazione del film al Festival di Cannes e la proiezione nei cinema francesi, causa che è stata alla base di un recente malore del regista.
Vicende che hanno influito significativamente sul film, che appare ancor più frammentato di quanto non lo siano solitamente le creazioni di questo cineasta. Riassumendo all’osso vi si racconta la storia di un regista di fama mondiale che sta per realizzare uno spot con protagonista Don Chisciotte. Il cineasta, impegnato nella campagna spagnola dove aveva già girato un corto dedicato al personaggio di Cervantes come saggio della scuola di cinema, ritorna nel paesino di campagna e riprende di contatto con i vecchi protagonisti. Fra di essi il calzolaio che aveva interpretato il cavaliere senza paura. Ora è un anziano demente convinto di essere veramente Don Chisciotte e coltiva questa ossessione a uso dei turisti. Il regista ritrova anche la ragazzina protagonista del suo vecchio film, ora è una donna che, dopo aver inseguito vanamente una carriera d’attrice, è la vittima di un uomo potente. Tutto attorno un set in pieno caos. Qui la fantasia del cineasta si scatena nel modo migliore e più ricco. In poche parole, un film fantasioso in cui non tutto è chiaro, ma che merita di essere visto se non altro per il piacere degli occhi.
