Blackklansmann (Il nero del KKK) conferma la vocazione dell’americano Spike Lee alla difesa dei diritti della gente di colore. Il film racconta, preceduta e conclusa da immagini di repertorio di rivolte dei neri, la storia di un agente di colore della polizia del Colorado che riesce, al telefono, a fingersi bianco e razzista.
Con l’aiuto di un collega ebreo, smaschererà una sezione del Ku Klux Klan che stava per intraprendere una campagna di attentati dinamitardi. Il film è professionalmente solido, corretto nella costruzione e avvincente nello sviluppo, ma rimane un testo a tesi che poco aggiunge al linguaggio cinematografico. Da notare la sequenza in cui gli uomini del Klan si agitano, inveendo contro i neri, alla proiezione della seconda parte di Nascita di una nazione (The Birth of a Nation, 1915) di David Wark Griffith (1875 –1948). È un passo falso del regista non tanto perché il vecchio cineasta non fosse di idee razzista, ma in quanto in questo modo si annullano i contributi, importanti e significativi, da lui dati alla storia e allo sviluppo del cinema. In altre parole, un film militante con i pregi e i difetti che appartengono a questo genere. Il film ha vinto il Gran Premio Speciale della giuria al del festival di Cannes di quest'anno.