John Gotti (1940 – 2002) è stato un mafioso americano deceduto in carcere a causa di un cancro alla gola. Nella sua lunga carriera di malavitoso fu più volte assolto dalle accuse intentategli dalla autorità tanto da meritare il soprannome di The Teflon Don.
Per lungo tempo fu considerato il personaggio più rappresentativo del crimine organizzato a lui furono riservate le prime pagine di giornali e riviste. Ora un regista non troppo noto, Kevin Connolly, gli ha dedicato un film che è, soprattutto, un’occasione per John Travolta, anche produttore, di esibire il suo strabordante gigionismo. Sarebbe facile puntare il dito sulle non poche inesattezze contenute nel testo, ad iniziare dal fatto che ci viene mostrata la partecipazione ad un solo omicidio mentre, nella realtà, al mafioso ne furono attributi ben tredici. Tuttavia, questo potrebbe essere anche un fatto marginale se non andasse ad aggiungersi ad una struttura che tende a fare di John Gotti una figura mitica, se non un vero e proprio eroe. Per muoversi in questa direzione il regista ha bisogno di trascurare qualsiasi riferimento al ruolo e alla funzione che la mafia ha avuto e ha all’interno della società americana (per tacere di quella italiana) con la sua influenza sui traffici illeciti, la corruzione dei poteri pubblici, la tutela della violenza. Stupisce che una figura così attenta la mondo reale come John Travolta, soprattutto nel ruolo di produttore, abbia dimenticato tutto questo. In altre parole, un film sgangherato nella narrazione e ambiguo, molto ambiguo nel ruolo sociale.