L’americano Todd Haynes ha tratto La stanza delle meraviglie da un romanzo dello statunitense Brian Selznick (1966).
Il film ruota attorno a due storie che si ricongiungono nel finale. La prima, nel tempo ma non nel film, si svolge nel 1927 e ha per protagonista una bambina sorda che fugge di casa per andare a New York a ritrovare una misteriosa attrice che lei pensa essere sua madre. La seconda capita cinquant’anni dopo nel 1977 e ha come protagonista Ben, un ragazzino anch’egli sordo, che approda nella grande mela alla ricerca del padre che non ha mai conosciuto. L’intreccio si scioglie con le parole della nonna della piccola che, davanti a un grande plastico della metropoli, svela al ragazzo come la sua ricerca sia finita e come anche lui abbia, ora, una storia familiare a cui fare riferimento. Il film ha un andamento a tratti lento e faticoso e presenta un grande pregio nella ricostruzione in due epoche lontane mezzo secolo, ma estranee anche i nostri giorni, della grande città Usa. Come dire una ricerca di radici non banale, ma neppure troppo intrigante.