Il cinema francese ama in modo particolare la filosofia e il collegamento fra quanto narrato e la realtà sociale. Ciò è vero, in particolare, per un autore come Laurent Cantet (1961) i cui primi quattro lungometraggi - Risorse umane (Ressources humaines, 1999), A tempo pieno (L'emploi du temps, 2001), Verso il sud (Vers le sud, 2005), La classe - Entre les murs (Entre les murs, 2008) – sono incentrati su temi sociali forti.
Si potrebbe dire la stessa cosa anche di questo Atelier in cui un’autrice di successo è chiamata a guidare alla scrittura creativa sette studenti. Lo sfondo è quello de La Ciotat, nel Sud della Francia a pochi chilometri da Marsiglia, oggi un porto specializzato nella manutenzione di yacht di lusso, un tempo uno dei più importanti cantieri navali francesi. I giovani sono guidati da una nota scrittrice di libri polizieschi e sono chiamati a immaginare e scrivere un thriller sullo sfrondo di questa cittadina, con la speranza che il libro sia pubblicato. Tra di loro un ragazzo che mostra da subito insofferenza per il compito e per la donna che li guida. È un ragazzo di tendenze di destra, con pulsioni che sfiorano il razzismo e che si ribellerà alla guida della scrittrice arrivando a minacciarla di morte. Alla fine, prenderà il mare come marinaio su una grande portacontainer. Il regista descrive bene lo smarrimento di un’intera gioventù, sensibile alla propaganda nazionalista, incline alla violenza e, in sostanza, smarrita avendo perso fiducia nei vecchi valori senza averne elaborati di nuovi. In questo l’ambientazione nella vecchia capitale rossa della Provenza, ha un senso che va oltre la storia raccontata per trasformarsi in cartina di tornasole di un’intera generazione. Il film sviluppa diligentemente il proprio assunto anche se in molti punti appare sino troppo didascalico. In altre parole, il regista prosegue il lavoro e l’osservazione sulla realtà sociale del suo paese traendone elementi che vanno ben oltre i confini del suo paese.