Giuseppe Loconsole, attore conosciuto per la sua attività sia cinematografica sia televisiva, tenta la strada della regia con una commedia convenzionale in cui non sempre la bravura degli interpreti riesce a fare dimenticare i buchi nella sceneggiatura.
Spesso si ha l’impressione che i primi a non credere in quello che passa sullo schermo siano proprio gli attori, che con mestiere cercano di mimare emozioni che non provano. È un vero peccato perché nelle mani di uno smaliziato mestierante aiutato dai furbi delle commedie popolari qui ci sarebbe stato materiale sufficiente per realizzare una buona opera di intrattenimento. Girato (e finanziato) nella zona di Cuneo e di Carrù, si occupa di tre storie, due collegate tra loro. C’è un imprenditore italiano che lavora molto in Tunisia - scomparso da un paio di settimane senza lasciare tracce - la cui moglie fa appello televisivo che viene ascoltato dai dipendenti di un ospedale del luogo che lo riconoscono nelle foto uno smemorato da loro ricoverato dopo essere stato ripescato in mare. In maniera molto convenzionale, gli sceneggiatori inseriscono una seconda moglie che devotamente vive con l’uomo da quando è in Africa per lavoro. Coesistenza tra le due famiglie per fargli recuperare la memoria con Rocco Papaleo che scopre di avere figlio gay e, probabilmente, amore solo da parte della ragazza che gli ha dato tutta sé stessa senza chiedere nulla. A parte la poca credibilità della costruzione – difficile pensare ad una coesistenza di due famiglie senza scontri tra le compagne dell’uomo – ci sono tutti i luoghi comuni legati alla figura dell’extracomunitaria. Meglio va nella storia che si occupa di una scassata agenzia investigativa in cui lavorano un padre assieme alla figlia fotografa in attesa di occupazione: per un numero scritto male, pedinano la fedifraga sbagliata creando una crisi matrimoniale a una coppia di mezza età. Qui c’è un Giuseppe Battiston che dà umanità al clown triste che con il suo Ape Piaggio va in giro per le varie piazze: il suo volto riesce a sopperire alla carenza dei dialoghi. L’uomo viene abbandonato dalla moglie, lui la perdona subito e vorrebbe che tornasse a casa, con la fotografa che cerca di aiutarlo a recuperare il rapporto di coppia e s’innamora di lui: finale un po’ telefonato, ma non pessimo. La terza storia, collegata alla seconda perché il protagonista si rivolge all’Agenzia Investigativa, ha uno sviluppo difficilmente credibile, con l’innamoratissimo compagno di una pornostar che si sente tradito quando immagina un rapporto anche sentimentale tra la donna ed il protagonista maschile dell’orgiastico film (sprecata Eva Robin’s nel ruolo della produttrice). Inutile dire che il presunto tradito – taxista con mire da scrittore – ha frainteso troppe cose. C’è da notare che, a parte il goliardico titolo del film, non ci sono volgarità e nemmeno nudi. Il difetto principale di tutto il film è di volersi occupare di temi, anche importanti, raccontandoli in maniera superficiale, senza mai tentare un approfondimento, creando una certa noia. Non pessimo ma appena vicino alla sufficienza.